Terapie che offrono un beneficio di sopravvivenza sono molto richieste per il trattamento delle donne colpite da cancro metastatico della mammella e già pesantemente trattate. Un importante passo avanti è stato fatto con eribulin, un inibitore non-taxano della dinamica dei microtubuli che presenta un meccanismo d’azione innovativo. Nello studio di fase III, EMBRACE (Eisai Metastatic BReast cancer study Assessing physician’s Choice versus E7389), la molecola ha migliorato la sopravvivenza globale delle pazienti già pretrattate per cancro metastatico della mammella, rispetto al trattamento di scelta del medico curante (1). Sulla base di questi risultati pubblicati sul Lancet, eribulin ha ricevuto il parere positivo dell’Agenzia europea per i medicinali per il trattamento di terza linea del carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico (2).
La molecola
Eribulina mesilato (E7389, Eisai Research Institute, Andover, MA) è un nuovo inibitore dinamico dei microtubuli, analogo sintetico del macrolide naturale marino Halicondrina B (HalB) presente in numerose spugne appartenenti ai generi Halicondria ed Axinella. E7389 lega i filamenti di tubulina a livello di un sito diverso da quello di tutti gli altri farmaci che interferiscono con la tubulina (taxani, epotiloni e alcaloidi della vinca) e possiede un meccanismo d’azione assai peculiare. A differenza degli altri farmaci anti-tubulina, infatti, eribulin blocca la crescita e la polimerizzazione dei microtubuli e favorisce la formazione di aggregati tubulinici non funzionali all’interno delle cellule tumorali, senza tuttavia inibire la fase di accorciamento dei microtubuli, né interferire con la loro depolimerizzazione. Oggi la molecola è totalmente sintetica, i laboratori Eisai (www.eisai.it) sono riusciti a sintetizzare completamente l’eribulina mesilato grazie a un complesso processo produttivo.
Lo studio
Lo studio di fase 3, in aperto, EMBRACE ha comparato la sopravvivenza globale di pazienti con cancro alla mammella in recidiva locale o metastatico, già sottoposte a pesanti trattamenti, dopo randomizzazione (in rapporto 2:1) a eribulina mesilato (1,4 mg/m2 in somministrazione endovenosa della durata di 2 – 5 minuti ai giorni 1 e 8 di un ciclo di 21 giorni) o al trattamento scelto dal medico curante secondo la pratica locale. Le pazienti avevano ricevuto da 2 a 5 regimi chemioterapici precedenti (2 o più per la malattia avanzata), che avevano incluso un’antraciclina e un taxano se non controindicati. La randomizzazione è stata stratificata per regione geografica, per precedente trattamento con capecitabina e per stato del recettore HER 2; le pazienti e gli sperimentatori erano al corrente dell’allocazione di trattamento assegnato. L’endpoint primario era la sopravvivenza globale nella popolazione “intention-to-treat”.
Nello studio pubblicato sulla rivista The Lancet (1) sono state randomizzate 762 donne (508 a eribulin e 254 al trattamento scelto dal medico). La sopravvivenza globale è risultata significativamente migliore nelle donne trattate con eribulin (mediana 13,2 mesi, IC 95%: 12,1 – 14,4), rispetto al trattamento scelto dal medico (mediana 10,5 mesi, IC 95%: 9,2 – 12; hazard ratio 0,81, IC 95%: 0,67 – 0,96; p = 0,014). Questi benefici sono significativi perché rappresentano 2,7 mesi di estensione della sopravvivenza. Inoltre, i benefici di eribulin sono stati raggiunti con un profilo di tossicità facilmente gestibile. Gli eventi avversi più comuni in entrambi i gruppi sono stati astenia e fatigue (tutti i gradi: 270 delle 503 pazienti [54%] in trattamento con eribulin e 98 di 247 pazienti [40%] sottoposte a trattamento di scelta) e neutropenia (tutti i gradi: 260 pazienti [52%] con eribulin e 73 pazienti [30%] nell’altro gruppo). La neuropatia periferica è stato l’evento avverso che ha principalmente causato la sospensione della terapia (24 delle 503 pazienti [5%] in trattamento con eribulin).
In conclusione
Eribulin ha portato ad un miglioramento significativo e clinicamente importante della sopravvivenza globale nelle donne con malattia metastatica o in recidiva.
“Sussiste un’urgente necessità di terapie che offrano vantaggi dimostrati in termini di sopravvivenza complessiva per le donne con tumore mammario metastatico precedentemente sottoposte a più trattamenti”, ha commentato Javier Cortes, primo nome dello studio EMBRACE, medico specialista presso il Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale universitario di Vall d’Hebron di Barcellona. “Nello studio di fase III abbiamo osservato un chiaro vantaggio in termini di sopravvivenza complessiva nei pazienti trattati con l’eribulina mesilato. Questo rappresenta un notevole passo avanti in questo contesto terapeutico, in cui la precedente sopravvivenza complessiva veniva considerata un endpoint difficile da conseguire”.
EMBRACE, quindi, sfata la credenza comune che una migliore sopravvivenza globale sia un’aspettativa non realistica delle nuove terapie anticancro nella malattia refrattaria.
Bibliografia
- Cortes J, O’Shaughnessy J, Loesch D, et al. A Phase III open-lable randomized study (EMBRACE) or eribulin monotherapy versus treatment of physician’s choice in patients with metastatic breast cancer. The Lancet. 2011; 377: 1-10.
- Halaven : EPAR – Summary for the public. European Medicines Agency 11.04.2011