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Prendersi cura della psiche

By 4 Giugno 2013Marzo 24th, 2021No Comments
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Luigi Grassi, Clinica Psichiatrica, Università di Ferrara, Presidente Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) (2003-2011), Past-President International Psycho-Oncology Society (2006-2008).

Secondo quanto riportato dalla World Health Organization (WHO), l’incidenza di cancro è in aumento, in parte per l’invecchiamento della popolazione, in parte per le maggiori capacità di diagnosi precoce, soprattutto in funzione delle campagne di screening. Le stime di previsione indicano una crescita del 50% entro il 2030, con 16 milioni di nuovi casi e 12 milioni di morti per cancro attesi in quell’anno1. La precocità della diagnosi e il miglioramento delle cure oncologiche hanno inoltre comportato anche un aumento della sopravvivenza che riguarda oltre 25 milioni di persone in tutto il mondo (1).

I dati relativi al nostro Paese indicano che ogni anno circa 250.000 persone sono colpite dal cancro e 170.000 muoiono per questa malattia, con stime indicanti che una persona su due-tre ha probabilità di ammalarsi nel corso della vita e una su quattro di morire a causa di tali patologie. Circa due milioni sono poi le persone in Italia che sono guarite dal cancro o hanno una sopravvivenza superiore ai cinque anni (lungosopravviventi) (2).

È evidente che tali dati assumono una valenza specifica se letti in un’ottica globale che includa anche i temi della qualità della vita e dei bisogni psicologici e sociali. Essere colpiti dal cancro, evento “traumatico” per definizione, implica infatti la necessità di cogliere tutte le dimensioni individuali e sociali della malattia e di analizzare e comprendere il senso della frattura del progetto di vita, della crisi dei parametri del tempo (il passato, il presente, il futuro), dello spazio (la famiglia, l’ambiente lavorativo, il contesto interpersonale) e del proprio sé-nel-mondo. Tutto ciò viene massicciamente alterato e messo in discussione dalla diagnosi, dai trattamenti, dalla guarigione o dalla ricorrenza della malattia, dalla transizione alle cure palliative nella fase avanzata e dalla fine della vita. Inoltre, poiché il cancro è una malattia che ha ripercussioni drammatiche sulla famiglia e sui congiunti, il numero delle persone per le quali è necessario affrontare in senso allargato la malattia oncologica assume un valore moltiplicativo.

Su queste basi, da ormai sessant’anni le implicazioni e le problematiche psicologiche delle persone affette da cancro sono state approfondite dalla letteratura scientifica di area oncologica, psichiatrica e psicologica, identificata successivamente nella disciplina psiconcologica (3). È degli inizi degli anni ’50 del secolo scorso l’attivazione del primo servizio psichiatrico in oncologia al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, cui ha fatto seguito nel trentennio successivo l’attivazione di altri servizi e di specifiche società scientifiche in tutto il mondo (3). La ricerca e la pratica clinica psiconcologica hanno portato oggi a definire un quadro dai contorni incontrovertibili (4,5) che indica come la morbilità psichiatrica o psicosociale (“caseness”) nelle sue varie forme riguardi in media il 40% delle persone ammalate di cancro; come tale sofferenza venga riconosciuta e trattata in maniera molto parziale, pur con le ricadute gravi e negative sulla qualità della vita, sull’aderenza alle cure, sugli stili di reazione alla malattia, sulla percezione soggettiva dei sintomi (quali il dolore), sulle capacità di recupero e di ripresa, nonché sulla stessa sopravvivenza; come interventi riabilitativi psicosociali e psicoterapeutici (certamente diversi rispetto a quelli notoriamente impiegati nelle patologie psichiatriche e specificamente sviluppati in ambito oncologico, quali la supportive-expressive group therapy, la adjuvant psychological therapy, la meaning-centered psychotherapy o la dignity therapy), sottoposti a verifica sperimentale, si siano dimostrati strumenti di intervento assai importanti nelle diverse fasi del percorso di cura; come il vago e generico concetto di supporto psicologico, ovvio nella sua espressione generale, offerto dagli operatori di area oncologica (quali i medici specialisti e della medicina generale, gli infermieri, gli assistenti sociali e tutto il personale inserito nella rete oncologica) sia superato e sia stato trasformato in specifici programmi educazionali, da un lato, e di formazione alla relazione di aiuto, dall’altro; come in alcuni Paesi si stiano considerando programmi di formazione più specialistici per gli operatori della salute mentale, specificamente psichiatri e psicologi, attraverso la creazione della professione dello psiconcologo, cui è deputato un ruolo sia formativo in oncologia e cure palliative, sia terapeutico all’interno della rete assistenziale.

Il cancro, quindi, come “malattia sociale” che riguarda, indirettamente o direttamente, tutta la popolazione, implica l’obbligatorietà di valutazione e trattamento delle conseguenze sulla salute mentale, la cui salvaguardia risulta centrale per poter parlare di salute in senso globale (la nota WHO proposition “No health without mental health”, accolta dalla Pan American Health Organisation, dall’European Union Council of Ministers, dalla World Federation of Mental Health e dall’UK Royal College of Psychiatrists) (6,7).

In accordo con ciò, diversi documenti, position statement e programmi formativi di molte società scientifiche di psiconcologia, come la International Psycho-Oncology Society – IPOS, e delle società nazionali di psiconcologia riunite nella IPOS Federation of Psycho-Oncology Societies, hanno specificato negli ultimi anni i piani operativi concreti per le cure psicosociali in oncologia e nelle cure palliative. Il National Institute of Health, attraverso il resoconto dell’Institute of Medicine (IOM) statunitense (8), si è espresso ormai alcuni anni orsono in maniera chiara affermando che “non è oggi più possibile valutare come qualitativamente valide le cure oncologiche che non affrontino i bisogni di salute psicosociale […] e ogni individuo trattato per patologie neoplastiche deve potersi aspettare che i propri bisogni psicologici e sociali siano affrontati assieme ai bisogni fisici”. Altrettanto chiare sono le conclusioni del documento del Council of the European Union (23 giugno 2008), che precisa che “un approccio comprensivo e interdisciplinare e psicosociale deve essere implementato nella cura del cancro, nella riabilitazione e nel follow-up successivo ai trattamenti di tutti i pazienti affetti da cancro” (Art. 5) (9, 10). Questi importanti risultati sono anche il frutto del lavoro di Paesi come l’Australia, dove la National Cancer Control Initiative ha pubblicato nel 2003 le Clinical Practice Guidelines for the Psychosocial Care of Adults with Cancer (11, 12), o il Canada che nel 2009, dopo diversi anni di proficue sperimentazioni, ha promulgato negli Standards for Cancer Care and Oncology Services of Accreditation (Canadian Council of Health Care Accreditation) le linee-guida sul distress emozionale come sesto parametro vitale (Guide to Implementing Screening for Distress, the 6th Vital Sign – Moving Towards Person-Centered Care) che, al pari della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della temperatura cutanea, della frequenza respiratoria e del dolore, deve risultare essere monitorato nelle cartelle cliniche dei servizi oncologici (13, 14).

In Italia ciò è stato portato avanti e condiviso in particolare dalla SocietàItaliana di Psico-Oncologia (SIPO) (www.siponazionale.it) e dalle associazioni di advocacy, in particolare l’Associazione Italiana Malati di Cancro  AIMaC (www.aimac.it) e la Federazione delle Associazioni di Volontariato (FAVO), fino ad essere recepito dal Piano Nazionale Oncologico 2010-2012 che indica in maniera ripetuta la necessità di un’attenzione specifica ai bisogni psicologici nella prevenzione (cap. 2), nella ottimizzazione dei percorsi di cura e organizzazione di rete (cap. 3.2), nella riabilitazione (cap. 3.2), nella formazione (cap. 6) e nella comunicazione (cap. 7), concludendo, nel paragrafo dedicato alla psiconcologia (3.2.7), come “l’attivazione, nelle diverse neoplasie e fasi di malattia, di percorsi psiconcologici di prevenzione, cura e riabilitazione del disagio emozionale, siano essi di supporto o più specificamente psicoterapeutici (individuali, di gruppo, di coppia, familiari) risulta fondamentale per il paziente e per la sua famiglia” (15).
È evidente quindi che, nel rispetto di tale diritto, il ruolo e la responsabilità dei Dipartimenti di Salute Mentale sono particolarmente evidenti e che non è possibile ritirarsi da uno dei mandati – farsi carico della salute mentale (prevenzione, cura, riabilitazione) delle persone in qualunque età della vita – che i dipartimenti stessi enunciano nei loro documenti di presentazione ed esplicitazione di mission. Che la psichiatria sia dunque coinvolta, informata e aggiornata sull’area psiconcologica, certamente purtroppo ancora marginalizzata nelle politiche e nelle organizzazioni di molti Dipartimenti di Salute Mentale a dispetto delle azioni promosse dalla oncologia e dalle cure palliative italiane, è uno degli obiettivi di questi due numeri della rivista.

Bibliografia

  • World Health Organization. Cancer. www.who.int/topics/cancer/en/index.html
  • Associazione Italiana Registro Tumori. Indice Rapporto 2009 – I trend dei tumori in Italia negli anni duemila (1998-2005).
  • Holland JC. History of psycho-oncology: overcoming attitudinal and conceptual barriers. Psychosom Med 2002; 64: 206-21.
  • Grassi L, Costantini A, Biondi M. Manuale pratico di psiconcologia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2003.
  • Grassi L, Riba M. Clinical psycho-oncology: an international perspective. London: Wiley. In press.
  • WHO. Mental health: facing the challenges, building solutions. Report from the WHO European Ministerial Conference. Copenhagen, Denmark: WHO Regional Office for Europe, 2005.
  • Prince M, Patel V, Saxena S, et al. No health without mental health. Lancet 2007; 370: 859-77.
  • Institute of Medicine. Cancer care for the whole patient: meeting psychosocial health needs. Washington, DC: National Academic Press, 2007.
  • European Union. Council conclusions on reducing the burden of cancer. Luxembourg, 10 June 2008.
  • Grassi L, Travado L. The role of psychosocial oncology in cancer care. In: Coleman MP, Alexe DM, Albreht T, McKee M (eds). Responding to the challenge of cancer in Europe. European Union 2008; pp. 211-31.
  • National Breast Cancer Centre and National Cancer Control Initiative. clinical practice guidelines for the psychosocial care of adults with cancer. National Health and Medical Research Council, 2003.
  • Western Australia Cancer and Palliative Care Network. Psycho-oncology models of care. Government of Western Australia Department of Health, 2008.
  • Cancer Journey Action Group. Guide to Implementing screening for distress, the 6th vital sign: background, recommendations, and implementation. Canadian Partnership Against Cancer, 2009.
  • A Pan-Canadian Clinical Practice Guideline. Assessment of psychosocial health care needs of the adult cancer patient, 2009.
  • Ministero della Salute. Piano Oncologico Nazionale 2010-2012.

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Testo tratto dal primo numero monografico di Noos dedicato alla Clinica Psiconcologica. Il numero a cura di Luigi Grassi raccogli i contributi di Maria Antonietta Annunziata, Barbara Muzzatti, Luigi Grassi, Maria Giulia Nanni, Rosangela Caruso, Silvana Sabato, Elena Rossi, Bruno Biancosinopaolo Gritti, Ester Livia Di Caprio, Gianluca Resicato, Marco L. Bellani, Marina Bertolotti, Pia Massaglia.