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Neutropenia da chemioterapia e profilassi con G-CSF, dati importanti

By 15 Aprile 2020Maggio 12th, 2021No Comments
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La neutropenia indotta da chemioterapia è la principale tossicità dose-limitante della chemioterapia sistemica, con un sostanziale impatto su morbilità, mortalità e costi. La più rilevante complicanza della neutropenia è la neutropenia febbrile (NF), che è definita da rialzo termico >38.5°C per una durata superiore ad un’ora, oppure da rialzo termico pari a 38°C per tre misurazioni consecutive alla distanza di un’ora dall’altra, in presenza di una conta dei neutrofili <500/µ L. L’età elevata (>65 anni) è il fattore di rischio maggiormente correlato allo sviluppo di neutropenia severa; gli altri fattori di rischio sono rappresentati dai pregressi trattamenti chemioterapici o radioterapici, dal basso Performance Status (ECOG ≥ 2), della neutropenia o linfocitopenia preesistente, dalle comorbilità (malattie cardiovascolari, BPCO, epatopatie croniche, diabete, anemia, insufficienza renale), dalla concomitante immunodepressione (HIV), dalla concomitante presenza di ferite aperte e/o infezioni tissutali, dallo scarso livello nutrizionale. Il rischio diretto di mortalità associato a NF è stimato essere del 9.5%.

La profilassi con fattori di crescita granulocitari (G-CSF) ha confermato una significativa riduzione del rischio di neutropenia febbrile e ha dimostrato una riduzione del rischio di morte per ogni causa, garantendo la somministrazione di una corretta intensità di dose chemioterapica. Dati particolarmente significativi in tal senso arrivano dagli studi su lipegfilgrastim, la più recente evoluzione della molecola originale filgrastim. Lipegfilgrastim è un coniugato covalente di filgrastim con una singola molecola di metossipolietilenglicole (PEG), legati tramite un linker carboidratico costituito da glicina, acido N-acetilneuraminico e N-acetilgalattosamina.

Il gruppo di Ruth Pettengell della St. George’s University of London, nello studio Impact of Neutropenia in Chemotherapy—European (INC-EU) pubblicato su “Supportive Care in Cancer”, ha dimostrato che la neutropenia rappresenta un grave problema nei pazienti con carcinoma mammario o linfoma trattati con chemioterapia, ma che la riduzione o il ritardo nella somministrazione delle dosi di chemioterapia in seguito a NF può portare ad una ridotta sopravvivenza del paziente. La neutropenia febbrile e le sue complicanze infatti spesso comportano riduzione della dose o ritardi di somministrazione della chemioterapia che possono compromettere i risultati clinici del trattamento. L’approccio più comunemente utilizzato, infatti, è una errata forma di profilassi secondaria che affronta il problema della NF ritardando o riducendo la chemioterapia, producendo in questo modo gravi conseguenze. In uno studio pubblicato su “Annals of Hematology”, un team di ricercatori belgi coordinati da Andre Bosly del Dipartimento di Ematologia dell’Ospedale universitario di Mont-Godinne a Yvoir ha dimostrato che una riduzione della average relative dose intensity (ARDI) di trattamento chemioterapico per qualsiasi causa è correlata ad un peggioramento dell’outcome clinico. Nel campione di pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B trattati con regime CHOP preso in esame, infatti, la sopravvivenza media è risultata significativamente più lunga nei pazienti che avevano ricevuto più del 90% della dose pianificata, rispetto a chi aveva ricevuto <90%: 5,38 anni vs 2,24 anni (p=0,002).

È stato dimostrato che la profilassi con G-CSF, soprattutto nelle sue forme pegilate, riduce significativamente l’incidenza di FN, la probabilità di riduzione dell’intensità della dose della chemioterapia e anche il numero di ricoveri ospedalieri dovuti a FN. Già nel 2013 Igor Bondarenko et al avevano dimostrato in uno studio pivotal che lipegfilgrastim 6 mg è non inferiore a pegfilgrastim nel ridurre l’incidenza di neutropenia severa in tutti i cicli (significativa per il ciclo 2: 21.5% (Peg) vs 8.5% (Lipeg) p=0.0130, popolazione PP), l’incidenza di neutropenia molto severa (11.7% (Peg) vs 6.4% (Lipeg), NS, popolazione PP), l’incidenza di neutropenia febbrile (3.2% (Peg 3 pz) vs 0 (Lipeg), popolazione PP) nelle pazienti con tumore della mammella permettendo un veloce (circa 1.5 giorni) recupero dei neutrofili a valori di 2000/mm3 (cicli 1-3) e nessun episodio di NF nel braccio in terapia con lipegfilgrastim (vs. un regime chemioterapico con un incidenza di NF >40%), ma più recentemente un team di ricercatori cechi coordinato da Lubos Holubec della Charles University di Pilsen ha dimostrato, in una review pubblicata sulla rivista “In Vivo” che la profilassi con lipegfilgrastim riduce significativamente l’incidenza di NF, la necessità di ridurre le dosi di chemioterapia e il tasso di ospedalizzazioni per NF in caso di regimi chemioterapici a rischio elevato o in presenza di fattori di rischio (età, comorbilità, performance status basso e così via) in pazienti con rischio medio di NF. Si tratta di dati molto importanti soprattutto per i pazienti trattati con chemioterapia adiuvante.

Ma i dati forse più interessanti per la pratica clinica quotidiana arrivano dal gruppo di Christian M. Kurbaker del Gynäkologisches Zentrum Bonn-Friedensplatz di Bonn e Thomas Fietz dell’Outpatient center for hematology, oncology and gastroenterology di Singen, che ha valutato nell’ambito dello studio non interventistico, prospettico NADIR la profilassi con lipegfilgrastim in 2489 pazienti oncologici “real world” in 201 centri della Germania. Lo studio ha coinvolto pazienti con differenti tipologie di neoplasie (carcinoma mammario, linfoma non-Hodgkin, carcinoma polmonare non a piccole cellule e carcinoma polmonare a piccole cellule, tumore alla prostata). I pazienti ricevevano una iniezione sottocutanea di lipegfilgrastim 6 mg successivamente alla chemioterapia, in accordo alla decisione del medico. Sono stati considerati un numero massimo di 6 cicli consecutivi di chemioterapia. Tra la popolazione complessiva, 910 pazienti avevano ≥65 anni. I risultati sono stati veramente di tutto rispetto, tanto da portare gli autori ad affermare che lipegfilgrastim riesce quasi ad eliminare totalmente Il rischio di neutropenia febbrile. Infatti al primo ciclo in profilassi primaria relativamente a tutti i pazienti solo il 2,7% ha sviluppato NF, mentre tra i pazienti anziani solo il 3% ha sviluppato NF. Relativamente alla neutropenia severa sia per tutti i pazienti che i pazienti anziani vengono riportati valori dal 26% (pazienti anziani) al 27,9% (tutti i pazienti). Si può dunque concludere che lipegfilgrastim grazie alla sua efficacia nell’eliminare quasi totalmente il rischio di NF limita di conseguenza il rischio di riduzione della dose di chemioterapia, che, come abbiamo visto in precedenza, rappresenta una delle maggiori cause della compromissione dei risultati clinici del trattamento.

In accordo con le recenti indicazioni dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), del National Cancer Center Network (NCCN) e dell’European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC), nelle Linee Guida sulla gestione della tossicità emopoietica in oncologia dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), aggiornate a ottobre 2019, la profilassi primaria con G-CSF dal primo ciclo di chemioterapia è raccomandata in regimi chemioterapici in cui l’incidenza attesa di NF sia ≥20%. Nel caso in cui invece il rischio ipotizzato di NF sia compreso tra il 10 e il 20%, l’utilizzo del G-CSF dipende da una valutazione più complessa che considera anche le caratteristiche cliniche del paziente e della patologia, che possono predisporre ad una maggiore incidenza e gravità di complicanze.

BIBLIOGRAFIA
1. Pettengell R, Schwenkglenks M, Leonard R, Bosly A, Paridaens R, Constenla M, Szucs TD, Jackisch C and Impact of Neutropenia in Chemotherapy—European Study Group (INC-EU). Neutropenia occurrence and predictors of reduced chemotherapy delivery: results from the INC-EU prospective observational European neutropenia study. Support Care Cancer 2008;16(11):1299-309 doi: 10.1007/s00520-008-0430-4.
2. Bosly A, Bron D, Van Hoof A, De Bock R, Berneman Z, Ferrant A, Kaufman L, Dauwe M, Verhoef G for the Lymphoma Dose Project: a National Study. Achievement of optimal average relative dose intensity and correlation with survival in diffuse large B-cell lymphoma patients treated with CHOP. Ann Hematol 2008;87:277–283 DOI 10.1007/s00277-007-0399-y
3. Bondarenko I, Gladkov OA, Elsaesser R, Buchner A, Bias P. Efficacy and safety of lipegfilgrastim versus pegfilgrastim: a randomized, multicenter, active-control phase 3 trial in patients with breast cancer receiving doxorubicin/docetaxel chemotherapy. BMC Cancer 2013;13:386
4. Holubec L, Polivka J, Lisnerova L, Kubikova T, Safanda M. The Effectiveness of Febrile Neutropenia Prophylaxis with Lipegfilgrastim in Routine Clinical Practice. In Vivo 2017;31(3):303–306 doi: 10.21873/invivo.11059
5. Fietz T, Lück A, Schulz H, Harde J, Losem C, Grebhardt S, Wolff T, Potthoff K, Müller U, Zaiss M, Kurbacher CM. Prophylaxis of chemotherapy-induced neutropenia and febrile neutropenia with lipegfilgrastim in 2489 cancer patients: final results from the non-interventional study NADIR. Current Medical Research and Opinion 2018; DOI: 10.1080/03007995.2018.1560200
6. Gestione della tossicità emopoietica in oncologia. Linee Guida AIOM, ottobre 2019.
7. RCP Lonquex