Skip to main content

Anche Barbie può ammalarsi di carcinoma mammario. E guarirne

A cura di Luciano De Fiore By 20 Marzo 2023No Comments
Temi

Chiara Alessi, in un suo podcast del 9 marzo su “il Post” racconta una storia curiosa che ha che fare con i materiali plastici, con il gioco e con il tumore al seno.

Il 9 marzo 1959, in occasione della Fiera internazionale del giocattolo di New York, Ruth Marianna Mosko insieme al marito Eliot Handler presenta una nuova bambola rivoluzionaria: ha infatti le fattezze di una ragazza adulta, porta il rossetto, indossa un costume da bagno intero a strisce senza spalline. La bambola è lunga 30 centimetri e rappresenta in scala 1 a 6 il corpo di una donna ideale che dunque sarebbe alta 1,75, con 91 di seno, 86 di fianchi e 46 di vita. Così nacque, già adulta, Barbie. Una bambola con tanto di seno.
I due coniugi e un socio fondano un’azienda, la Mattel, che da allora ne produrrà milioni, in centinaia di versioni diverse. Per i primi decenni, tutte ispirate a un canone irrealistico di perfezione WASP: alta, bionda, misure canoniche. Barbie è divenuta addirittura sinonimo di ragazza frivola, che bada solo all’apparenza: «I’m a Barbie girl, in the Barbie world | Life in plastic, it’s fantastic | You can brush my hair, undress me everywhere | Imagination, life is your creation», cantavano gli Aqua in un successo pop planetario di qualche anno fa. Mentre le teenager si truccavano come Barbie, e alcune modificavano il proprio aspetto per somigliarle, ricorrendo perfino pesantemente alla chirurgia plastica.

Anche per sfuggire alle accuse di disimpegno, la Mattel ha poi differenziato il suo prodotto di punta: di Barbie esistono oggi 5 tipologie di corporatura, 22 carnagioni, 76 acconciature, 94 colori di capelli e 13 colori di occhi. Tra i tanti modelli inclusivi e che puntano a valorizzare la disabilità, le Barbie con vitiligine, quelle senza capelli, con un arto artificiale e in sedia a rotelle. Poi sono arrivate le Barbie LGBT-friendly, le versioni con l’hijab e le riproduzioni delle donne famose, come Samanta Cristoforetti. A conti fatti, la strategia rende, se è vero che le vendite superano ormai il miliardo di pezzi e a luglio 2023 Barbie arriverà anche sul grande schermo, interpretata da Margot Robbie.

Ma ai tempi in cui Ruth Mosko era Presidente della Mattel, non era così. Per di più, nel 1970 Ruth si ammala di carcinoma mammario. Sopravvissuta al tumore e ad una recidiva, la creatrice di Barbie lascia la Mattel per fondare nel 1976 la Nearly Me, un’azienda specializzata in protesi mammarie, pensate da una donna per il confort delle donne, in risposta alla crescente necessità di forme mammarie confortevoli, realistiche e durevoli per il post-mastectomia. La prima protesi era in silicone e sapone. La donna che aveva creato la bambolina con le fattezze della ragazza perfetta, investe dunque la propria creatività per una causa socialmente rilevante come il miglioramento dell’autostima delle donne mastectomizzate, mettendo così a profitto le proprie competenze nelle proprietà dei materiali plastici migliori. La Nearly Me Technologies è tuttora un marchio leader nel settore delle protesi mammarie a livello mondiale.