
La ricerca stima che una qualche disfunzione sessuale colpisca tra il 40 e il 100% dei pazienti oncologici sottoposti a trattamento. Diversi studi hanno dimostrato che questi problemi tendono a persistere nel tempo, anziché migliorare. È materia che non tocca però soltanto gli oncologi e gli specialisti: al punto che anche il grande cinema, cum grano salis, inizia ad occuparsene. Perché la malattia oncologica tocca tutti, è nell’esperienza di chiunque. Ferzan Özpetek affronta anche questo tabù nel suo ultimo, bel lavoro: Allacciate le cinture. Nella seconda parte del film, Elena – la protagonista, una convincente Kasja Smutnjak – scopre casualmente, per aver accompagnato la zia ad una visita di screening, di avere un tumore al seno. Il marito Antonio lì per lì scappa, non regge, lasciando Elena ad affrontare prove assai dure. Özpetek non teme di mostrare la sua solitudine nell’avviarsi in ospedale verso la sala infusioni, lo strazio della protagonista nel sopportare la chemio, la mortificazione del suo corpo, tutti gli effetti collaterali delle terapie, la perdita dei capelli. Ma non della speranza. Nonostante tutto, per quanto la malattia la sfidi, Elena è fedele alla vita, ai suoi figli ed all’amore. Ed è forse per questo che Özpetek lascia la cinepresa accesa anche in corsia, al letto di lei, per lasciarci capire come l’amore di Antonio – nel frattempo tornato ad accudirla – possa ancora esprimersi fisicamente, senza infingimenti e lasciando ardere una scintilla di desiderio anche per un corpo provato e smagrito, ma profondamente amato. Poche altre volte, a nostra memoria, il cinema aveva infranto il tabù del sesso con una persona malata di tumore. Ricordiamo una scena d’amore in corsia, anch’essa toccante, in Guardami, di Davide Ferrario, tra Flavio Insigna ed Elisabetta Cavallotti, malati entrambi, ed un bel film di Luis Puenzo, La puta y la ballena. Qui, c’è un darsi reciproco davvero coniugale: d’altra parte, la stessa amante – assai poco gelosa – aveva fatto notare ad Elena che Antonio “è generoso di sé”. Ed in questo caso si apprezza quanto la generosità dei corpi possa trasfondere vita e speranza.
La settima arte concorre quindi nell’imporre all’attenzione pubblica la problematica della sessualità del malato oncologico. Problematica peraltro non estranea all’ambito specialistico: non a caso, nel corso della recente 4th European Lung Cancer Conference, Stéphane Droupy (Nîmes) e Luca Incrocci (Rotterdam) hanno dato vita ad una sessione congressuale dedicata a come valutare e trattare gli effetti collaterali sulla sessualità a seguito di terapie del cancro del polmone. Gran parte delle informazioni raccolte finora si riferisce ai tumori ginecologici, del seno o della prostata. Molto meno si sa di altri tipi di tumore, compreso il cancro del polmone. Secondo Droupy, “abbiamo ancora un gran lavoro da fare per accrescere la consapevolezza dell’importanza dei problemi sessuali del paziente oncologico, e in particolare del malato di cancro del polmone”, dal momento che le conseguenze emotive e fisiche di questo tumore, così come l’impatto dei trattamenti, possono influenzare molto la vita sessuale della persona malata. Oltretutto, nel caso del carcinoma polmonare alcuni di questi problemi si rivelano particolarmente impegnativi: “A differenza di altri tumori, dove la sopravvivenza sta migliorando, la gestione del tumore polmonare spesso tende a indirizzarsi sulla qualità di vita a breve termine e sulle cure palliative. La sessualità è quindi ancora più difficile da proteggere o ricostruire in un breve periodo di tempo, in cui per di più tutti gli sforzi si concentrano sul rimanere in vita”.
Da Ginevra giunge quindi l’invito, per gli oncologi, ma anche il personale di nursing, a dedicare un’attenzione crescente a questa problematica.
Per saperne di più: speciale Oncomovies su sessualità e tumori (http://oncovip.it/cinema-e-oncologia/oncomovies-sessualita/). Utilizzare le credenziali d’accesso Univadis.