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    La medicina di precisione nell’era dell’immunoterapia

      Medicina di precisione · Speciali
    • 30 Luglio 2020

    L’introduzione dei trattamenti immunoterapici in oncologia ha generato una rivoluzione epocale sotto molti punti di vista. Per comprendere al meglio le potenzialità ed i rischi legati all’uso di queste nuove molecole è stato necessario introdurre nuovi sistemi di valutazione per molti aspetti della gestione del paziente oncologico, dalle valutazioni radiologiche alla gestione di nuovi tipi di tossicità.

    Per inquadrare correttamente le risposte ai trattamenti immunoterapici è stato necessario infatti introdurre un nuovo modello di risposta immunocorrelati, iRECIST, che prendesse in considerazione le risposte atipiche che talora si osservano. Quadri di risposta paradossali come la pseudoprogressione o l’iperprogressione non potrebbero mai essere inquadrati correttamente usando i criteri radiologici fino ad oggi in uso per valutare le risposte alle terapie citotossiche. Le tossicità da immune checkpoint inhibitors sono un altro argomento in cui è stato necessario creare dal nulla nuovi paradigmi e nuovi protocolli di gestione per poter correttamente inquadrare tossicità mai viste prime.

    Un altro paradigma che è stato profondamente scosso da questa rivoluzione è il concetto stesso di cura nella malattia metastatica. Infatti, con l’eccezione di alcuni tumori rari, come i tumori a cellule germinali, i tumori solidi in fase metastatica finivano coll’essere considerati per definizione di fatto incurabili. Questo paradigma ha avuto come naturale conseguenza il fatto che nessuna terapia oncologica per questo setting di malattia sia stata studiata per avere una durata ben definita o dei protocolli di sospensione. Qualsiasi trattamento veniva continuato fino a progressione di malattia, tossicità inaccettabile o morte.

    L’immunoterapia ha in parte modificato questo paradigma stesso, dal momento che ormai si osservano in una quota significativa di pazienti risposte complete al trattamento molto lunghe, con durate superiori anche ai 5 anni. Questa possibilità significa nei fatti che, per alcuni pazienti con alcuni determinati tipi di neoplasia metastatica, il cancro non suona più come una condanna inappellabile.

    Tuttavia ad oggi mancano evidenze su quali fattori possano predire delle remissioni complete durature e quale sia il giusto timing per poter sospendere un’immunoterapia, una volta raggiunta la remissione completa. Il rischio è quello di trovarsi ad un bivio tra la speranza della cura e la paura della recidiva. Ad oggi le maggiori evidenze sulla sicurezza ed il giusto timing di sospensione del trattamento a remissione completa derivano da alcuni rilevanti studi clinici sul melanoma. Molte meno evidenze abbiamo, al contrario, in altre neoplasie solide come nel NSCLC, dove i tassi di risposte complete sono sicuramente inferiori.

    Una riflessione andrà fatta anche sul lessico che viene usato in queste situazioni; spesso si preferisce evitare per prudenza di pronunciare termini come “guarito”, preferendo espressioni come “nessuna evidenza di malattia” o “in remissione completa”.

    La difficoltà a pronunciare il termine è comprensibile, tuttavia i dati emergenti ci dicono che una quota di pazienti può esser considerata, a tutti gli effetti, guarita.

    La prospettiva della guarigione apre una serie di questioni corollarie, come il tipo di follow-up a lungo termine da impostare per questi pazienti. Argomenti come la radioprotezione, la fertilità o il reinserimento sociale, mai affrontati prima in questo setting di malattia, diventeranno di primaria importanza e dovranno essere presto affrontati.

    Marco Filetti
    Medico in formazione specialistica in Oncologia Medica
    AO Sant’Andrea – Facoltà di Medicina e Psicologia – “Sapienza”, Università di Roma

    Bibliografia

    Immunotherapy discontinuation — how, and when? Data from melanoma as a paradigm. Robert, C., Marabelle, A., Herrscher, H. et al. Nat Rev Clin Oncol (2020). https://doi.org/10.1038/s41571-020-0399-6


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