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Radioterapia ascellare vs chirurgia

By 4 Giugno 2013Novembre 8th, 2013No Comments
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La radioterapia ascellare garantisce un controllo di malattia comparabile a quello ottenuto con la chirurgia del linfonodo, ma con un rischio minore di sviluppare linfedema nelle donne con cancro al seno al primo Emiel_Rutgersstadio.

Lo studio europeo di fase III, AMAROS, ha riscontrato che la radioterapia ascellare (ART) e la rimozione chirurgica del linfodo ascellare (ALND) risultano comparabili sia in termini di sopravvivenza globale (OS) che di sopravvivenza libera da malattia (PFS) a 5 anni dopo il trattamento per le donne con cancro al seno al primo stadio con linfonodo sentinella positivo. Tuttavia, il linfedema, effetto collaterale notoriamente debilitante, è risultato avere un’incidenza doppia nelle pazienti sottoposte alla chirurgia del linfonodo ascellare.
Com’è noto, le cellule del carcinoma mammario possono diffondersi nella mammella e nel corpo attraverso varie vie. Una di queste è il sistema linfatico. Il primo linfonodo drenante del tumore della mammella è il ben noto linfonodo sentinella. Dopo aver interessato quest’ultimo, le cellule tumorali possono diffondersi ai linfonodi ascellari. Se si è in presenza di un linfonodo sentinella positivo e se è indicata l’opzione di trattamento, la rimozione chirurgica dei linfonodi ascellari (ALND) è spesso utilizzata come standard di trattamento.
Migliaia di donne si sottopongono ad ALND ogni anno per prevenire le recidive di tumore del seno. Tuttavia a tale opzione terapeutica corrispondono pesanti effetti collaterali, il più significante dei quali è proprio il linfedema (rigonfiamento del braccio, doloroso e permanente). Questo studio suggerisce, per le pazienti per le quali è indicato il trattamento dei linfonodi dell’ascella, la ART come buona alternativa alla chirurgia, anche in un’ottica di prevenzione del rischio di linfedema, senza alcun detrimento in termini di sopravvivenza.

La ART può essere combinata con la radioterapia del seno o del torace, che molte donne ricevono comunque come trattamento del tumore primario.

“Sono certo che questi risultati indurranno molti medici a ripensare la loro strategia di trattamento di fronte ad un linfonodo sentinella positivo alla biopsia”, commenta l’autore dello studio Emiel J. Rutgers (nella foto), chirurgo oncologo (Netherlands Cancer Institute, Amsterdam). “Il linfedema è un impedimento grave per la paziente e può ripercuotersi  pesantemente sulla sua qualità della vita”.

Lo studio ha arruolato 4.806 pazienti con cancro della mammella al primo stadio, invasivo fino a cinque centimetri e con linfonodi clinicamente negativi. Di questi pazienti, i 744 che presentavano una biopsia positiva del linfonodo sentinella sono stati randomizzati per essere sottoposti ad ALND, mentre i restanti 681 sono stati assegnati alla ART. I pazienti sono stati osservati per un periodo di follow-up di 6,1 anni.

Il tasso di ricorrenza di malattia entro i 5 anni è stato complessivamente molto basso: 0,54 % nel braccio trattato con ALND  e 1,03 % in quello trattato con ART. Il dato più significativo è che non sono emerse differenze fra i due gruppi in termini di sopravvivenza globale (92.5-93.3 %) e sopravvivenza libera da progressione (82.6-86.9 percent). Al contrario si è riscontrata un’importante differenza fra i tassi di pazienti che hanno sviluppato linfedema nei due bracci: nel primo anno il 40% dei pazienti del gruppo ALND al confronto con il 22% del gruppo ART. Negli anni successivi il numero di linfedemi è diminuito, ma il trend è rimasto lo stesso: al quinto anno i tassi erano rispettivamente del 28 e del 14%.

“Mentre proseguono le controversie sul ruolo della chirurgia completa dei linfonodi ascellari, questo studio evidenzia l’importanza dell’opzione non chirurgica per le pazienti selezionate al trattamento, per ridurre il rischio di recidiva di cancro al seno sotto al braccio e per ridurre significativamente il rischio di rigonfiamento del braccio, molto comune e spesso debilitante per le nostre pazienti”, conclude Andrew D. Seidman.