A Chicago sono stati presentati i dati, ancora preliminari, di uno studio in corso di fase IB (pubblicato sul NEJM) sul trattamento del melanoma avanzato con lambrolizumab, il nuovo anticorpo sperimentale anti-PD-1, noto anche come MK-3475.
Il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre le dimensioni delle formazioni neoplastiche.
Lo studio ha randomizzato 135 pazienti affetti da melanoma avanzato in tre bracci, con regimi di dosaggio di lambrolizumab fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile. I regimi prevedevano due dosi di 10 mg, una ogni due settimane e l’altra ogni tre settimane, e una dose di 2 mg somministrata ogni tre settimane. La risposta del tumore è stata valutata ogni 12 settimane con esame radiologico indipendente.
Per tutti i regimi di dosaggio il tasso complessivo di risposta per il trattamento con lambrolizumab è risultato del 38%, con il più alto tasso di risposta globale (52%) nel braccio a 10 mg ogni due settimane. In questo gruppo, inoltre, il 10% dei pazienti ha presentato risposta completa. La conferma della durata delle risposte dopo la prima valutazione a 12 settimane variava da più di 28 giorni fino a più di 8 mesi. Ancora non sono maturi dati di sopravvivenza globale.
Tra gli effetti collaterali più comuni (comunque gestibili) sono stati riscontrati affaticamento, rash, prurito e diarrea. Nel regime di dosaggio a 10 mg ogni due settimane si è riscontrata anche la maggior incidenza di eventi avversi correlati al trattamento. Il 13% dei pazienti ha avuto effetti collaterali più gravi, al polmone o ai reni, e problemi alla tiroide.
La MSD ha in previsione l’avvio di studi clinici in fase avanzata su lambrolizumab nel melanoma avanzato, e sul cancro del polmone non a piccole cellule, nel terzo trimestre del 2013. Se i dati saranno positivi, l’azienda potrebbe sottoporre il dossier per l’approvazione nel 2015 all’FDA, che lo scorso aprile ha già concesso al farmaco lo status di ‘Breakthrough Therapy’.
Merck prospetta anche un futuro impiego di lambrolizumab in indicazioni multiple. Al momento, comunque, sta concentrando gli studi sui pazienti con melanoma avanzato che non presentano miglioramenti a seguito di trattamento con ipilimumab (molecola non anti-PD-1). L’azienda valuterà inoltre lambrolizumab in varie associazioni con altri farmaci, tra cui chemioterapia e altre immunoterapie, così come insieme ad agenti a bersaglio molecolare.