OncoInfo

    • Home
    • Temi
      • Prevenzione
      • Cure palliative e terapie di supporto
      • Diagnosi
      • Terapia
    • Speciali
      • COVID-19
      • Medicina di precisione
        • Clinica
        • Materiali
        • Normativa
        • Letteratura
      • Politica sanitaria
      • Oncologia pediatrica
    • Congressi
      • 4words
      • AIOM
      • ASCO
        • ASCO
        • ASCO GI
        • ASCO GU
      • BRIDGE
      • ESMO
        • ESMO
        • ESMO GI
      • IMI
      • Internazionali
        • AACR
        • ECC
        • ECCO
        • ELCC
        • IGCS
        • IKCS
        • SABCS
        • SMR
        • WCLC
      • Nazionali
        • CIPOMO
        • CTOS
        • GRANDANGOLO
        • GU
        • NeVento
        • NICSO
        • SIOG
    • Rubriche
      • Controcorrente
      • Il Giro d’Italia
    • Newsletter
    • About

    La rabbia nei pazienti oncologici: uno studio targato FMP

      Cure palliative e terapie di supporto · In primo piano · News
    • 10 Gennaio 2020

    La diagnosi di una malattia oncologica influenza in molti modi la vita di una persona, annulla in un momento il progetto di vita. Tra le reazioni più comuni ci sono shock, negazione, depressione, ansia e rabbia. Quest’ultima si declina in molteplici forme, la rabbia verso sé stessi, la rabbia verso una malattia che “non deve colpire” me, la rabbia verso i medici curanti che sono presi come la conferma del fallimento terapeutico, la rabbia verso il mondo intero. La Fondazione per la Medicina Personalizzata (FMP) ha promosso una campagna di informazione che nasce dall’osservazione della pratica clinica sulla rabbia nei pazienti oncologici.

    Per Paolo Marchetti – Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata e direttore dell’ Oncologia Medica B Policlinico Umberto I, professore ordinario di Oncologia Medica alla Sapienza e già direttore del reparto di Oncologia Medica dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma – gli ostacoli presenti nei percorsi di cura rappresentano dei muri spesso insormontabili. In questa società in cui sono predominanti i temi della bellezza e dell’immortalità, se c’è un’imminenza di morte, sicuramente la colpa deve essere di qualcuno e quindi ecco che scatta la rabbia verso il medico, verso la struttura che cura perché non ha saputo superare il limite della morte. Ma la rabbia non è solo quella del paziente, la rabbia è anche quella dei familiari nei confronti dei medici, ma soprattutto la rabbia come momento di frattura con quello che abbiamo intorno è maggiore quanto più siamo stati lontano dalle persone care. Gli attacchi più violenti subiti da Paolo Marchetti sono stati quelli da parte dei familiari che non sono mai comparsi nel lungo percorso di malattia e che si sono accorti, arrivando all’ultima settimana di vita del loro caro, che si era giunti al capolinea. E poi c’è la rabbia dei medici, perché hanno il rammarico, forse, di non aver prestato attenzione ad un particolare, ad un sintomo che è sfuggito; la rabbia dovuta al non avere ancora a disposizione la capacità di guarire qualcuno a cui si è particolarmente legati, con cui si è condiviso un lungo percorso, con cui si è gioito per i tanti successi avuti insieme. I medici si sentono impotenti perché tutto quello che la medicina gli ha insegnato, fino a quel momento, non gli consente la gioia più grande, quella di guarire un paziente. E’ essenziale per Marchetti non essere depressi e sfruttare la rabbia come momento di costruzione dell’alleanza con il medico. Secondo lo psichiatra Vittorino Andreoli il tema della rabbia sta prendendo sempre più dimensione nelle attività mediche in generale. Viviamo nell’età della rabbia, in una società difficile che genera stimoli continui e frustrazioni, dove i criteri sono quelli del successo, del benessere, dell’essere in forma.

    In questo quadro esistenziale si inserisce una diagnosi di neoplasia, che, per quanti termini scientifici si possano usare, è una diagnosi che non solo spaventa, ma che porta di fronte alla percezione della morte. Non dobbiamo considerare la rabbia un sintomo negativo, bisogna fare in modo che la rabbia sia gestita in senso positivo. Come si reagisce di fronte alla rivelazione della malattia? In diversi modi, con la negazione della malattia, con la depressione intesa come ritiro dall’esistenza, di rinuncia, in un momento in cui è fondamentale invece lottare, con l’angoscia e poi c’è la rabbia: una reazione vitale, una rivolta, si vuole combattere il nemico. La comunicazione è l’elemento cardine e fondamentale, non solo nei rapporti umani, ma soprattutto nei momenti critici tra professionisti e pazienti. Per Alberto Castelvecchi, esperto in comunicazione e docente alla Luiss, è molto importante l’empatia tra medico e paziente, in modo da trasformare la rabbia in volontà di combattere, il medico come alleato. Bisogna quindi formare i medici lavorando sulla gestione dell’aggressività. Paolo Marchetti, insieme a Claudia Sebastiani di Fmp e a Eva Mazzotti, hanno curato il progetto di ricerca sulla rabbia, con l’obiettivo, in sintesi, di studiare in maniera sistematica il fenomeno della rabbia nel suo complesso. Lo studio ha interessato circa 300 pazienti che accedono al Day – Hospital (DH) Oncologico – Istituto Dermopatico dell’IDI – equamente divisi tra uomini e donne, la cui età media è di 64 anni. Sono stati utilizzati 3 questionari, al fine di misurare la rabbia, l’ansia e la depressione, la qualità di vita e la percezione che il paziente ha della gravità e della curabilità della sua malattia oncologica. In sintesi, dai dati emersi dalla ricerca, possiamo dire che i nostri pazienti provano tanta rabbia, la controllano molto e la esternano poco. C’è una forte prevalenza di sofferenza psicologica nel paziente oncologico e c’è ancora poca attenzione nel rilevarla.


    Potrebbe interessarti anche

    • Pazienti in passerella

      di Giulia Volpe, Il Pensiero Scientifico Editore

    • Trattamento dei NET: la lezione dello studio CLARINET

      Anna Maria Colao Cattedra di Endocrinologia Università degli Studi “Federico II”, Napoli

    • La gestione dei pazienti con TEV e cancro attivo

      Elena Campello UOSD Malattie Trombotiche ed Emorragiche Azienda Ospedaliera di Padova

    • Pazienti oncologici e tromboembolismo venoso, come cambia la pratica clinica?

      Matteo Mazzetti UOC Medicina interna Ospedale Santa Maria alla Gruccia, Montevarchi

    Tags: Psico-oncologia

    1 Comment

    1. mario bari ha detto:
      20 Gennaio 2020 alle 5:35 pm

      Per mia esperienza pochi sono i pazienti che esprimino rabbia che così descritta è una variante della invidia, C’è molto di più si pensi solo agli affetti ……
      Ma ciò che spesso lamentano è l’assenza di empatia o assenza di partecipazione da parte del Medico alla profonda crisi nell’apprendere la diagnisi. E non può essere che così. Ma è il Medico che con la sua presenza deve rassicurare di esserci come persona e come spacialista rassicurare di fare tutto che ciò che sarà possibile e che percorrerà assieme al paziente questa fase, mentre è la percezione della mancanza di disponibilità che viene avvertita e può creare senso di abbandono e rabbia. La delega della sofferenza ad altri, psicologo terapista di supporto non sempre paga.

      Rispondi

    Lascia un commento Annulla risposta

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    • Ultime News

      • Endpoint primari multipli nella ricerca oncologica, una revisione italiana 8 Aprile 2021
      • Nuovi prestigiosi ingressi nel Board di Oncoinfo 22 Marzo 2021
      • La povertà fa male alla salute 18 Marzo 2021
      • Nasce Fondazione Periplo, per un’oncologia del territorio 16 Marzo 2021
      • Test molecolari, documento FICOG-ISS e 5 milioni di euro di fondi 17 Dicembre 2020
    • Redazione

      Editor in Chief: Luciano De Fiore
      Redazione: David Frati, Giulia Volpe, Maria Nardoianni, Livia Costa, Fabio Ambrosino

    • Privacy Policy Cookie Policy
    • ULTIMI ARTICOLI

      • 14 Aprile 2021  Clinical Cases #30 – Nivolumab in un carcinoma squamoso della mucosa nasale
      • 14 Aprile 2021  Immunoterapia e polmonite COVID-correlata, c’è un aumento del rischio?
      • 14 Aprile 2021  Terza tappa – Perugia
      • 8 Aprile 2021  Endpoint primari multipli nella ricerca oncologica, una revisione italiana
      • 31 Marzo 2021  Pertuzumab nel tumore della mammella in fase precoce
      • 30 Marzo 2021  Clinical Cases #29 – Immunoterapia in un carcinoma squamocellulare G3 del cavo orale
    • ULTIMI VIDEO

      • Clinical Cases #30 – Nivolumab in un carcinoma squamoso della mucosa nasale 14 Aprile 2021
      • Immunoterapia e polmonite COVID-correlata, c’è un aumento del rischio? 14 Aprile 2021
      • Pertuzumab nel tumore della mammella in fase precoce 31 Marzo 2021
      • Clinical Cases #29 – Immunoterapia in un carcinoma squamocellulare G3 del cavo orale 30 Marzo 2021
      • Gestire le neutropenie con lipegfilgrastim in tempi di COVID-19 25 Marzo 2021
      • Cardiotossicità delle antracicline e rischio cardiovascolare nei pazienti oncoematologici 18 Marzo 2021
    • Contatti

        * Campi obbligatori

      Una pubblicazione de Il Pensiero Scientifico Editore e Think2it | Tutti i diritti riservati | ISSN 2385-0108