Risultati incoraggianti dallo studio di Fase III EMBRACE (Eisai Metastatic Breast Cancer Study Assessing Physician's Choice Versus E7389) che ha messo a confronto il nuovo farmaco eribulina mesilata con terapie di scelta in pazienti afflitte da carcinoma mammario ricorrente o metastatico, già trattate con un’antraciclina ed un tassano.
L’eribulina è derivata da una spugna marina: un altro agente chemioterapico attivo nei tumori ginecologici viene dunque dal mare, come la trabectedina, in uso contro i tumori ovarici. Secondo Eric P. Winer, moderatore della sessione, sarà probabilmente uno degli ultimi chemioterapici registrati dalla FDA, in virtù della sua efficacia statisticamente rilevabile, avendo esteso la sopravvivenza globale mediana di 2,5 mesi in pazienti con carcinoma mammario metastatico o localmente ricorrente, già trattate pesantemente con altri farmaci.
“Finora non si dava un trattamento standard per donne con un tumore del seno così avanzato. Si danno adesso risultati promettenti anche per quelle donne che hanno già ricevuto diverse linee di trattamento”, afferma Christopher Twelves (Leeds Institute of Molecular Medicine and St. James Institute of Oncology).
L’équipe coordinata da Twelves ha messo a confronto la sopravvivenza globale tra 762 pazienti affette da carcinoma mammario metastatico, randomizzate a ricevere o eribulina (508) o la terapia di scelta, quasi sempre un’altra chemioterapia. La sopravvivenza mediana del braccio trattato con eribulina è stata significativamente più lunga (13,1 mesi contro 10,7 mesi). Lo studio ha centrato anche gli endpoint secondari (sopravvivenza libera da malattia e tasso di risposta obiettiva), mostrando che la molecola può esser ben tollerata, nonostante le complicanze in termini di astenia (7,6%) di neutropenia e di neuropatia periferica (8,4%).
Andare in bici, per un oncologo come me, è una metafora della bellezza e delle difficoltà del nostro lavoro.