
Un nuovo approccio basato sui dati di “real practice” per confrontare le epoietine di marca con gli analoghi biosimilari: è quello che giunge da uno studio italiano pubblicato dal British Medical Journal (BMJ Open) che ha dimostrato la sostanziale sovrapponibilità tra le due categorie di farmaci sia in termini di efficacia che di sicurezza.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’intensa discussione sull’opportunità che viene offerta dai biosimilari e sulle modalità più appropriate per il loro utilizzo. Sono sicuri come i farmaci biologici ancora coperti da brevetto? Offrono le stesse garanzie di qualità ed efficacia? Oppure si tratta solo di un espediente per far risparmiare chi amministra la spesa dei farmaci (pubblico o privato) a scapito della qualità?
I ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale (Asl Roma 1), assieme a un gruppo di lavoro ufficialmente istituito dalla Regione Lazio comprendente clinici, esperti metodologi, prescrittori e responsabili dell’amministrazione del settore farmaceutico regionale, hanno preso in esame 13.470 pazienti con malattia renale cronica (CKD) o carcinoma ‒ rispettivamente 8161 e 5309 ‒ trattati con erythropoiesis-stimulating agents (ESA) tra 2012 e 2014. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi, a seconda che fossero stati trattati con epoietina α, analogo biosimilare o altro farmaco originator. Nei pazienti con CKD non sono state riscontrate differenze significative tra i gruppi in termini di mortalità per tutte le cause, numero di trasfusioni, eventi cardiovascolari maggiori e discrasia ematica. L’analisi dell’outcome combinato ha confermato questi dati (biosimilari vs epoietina α originator: adjusted HR=1,02, 95% CI da 0,78 a 1,33; biosimilari vs altri originator: adjusted HR=1,09, 95% CI da 0,85 a 1,41). Tassi di rischio paragonabili sono stati osservati tra tutti gli originator e i biosimilari anche nel setting oncologico. Da sottolineare come le differenze siano state calcolate utilizzando due diverse metodiche statistiche, entrambe capaci di tener conto di diversi potenziali fattori di confondimento.
Spiegano i ricercatori: “Fino ad oggi si è cercato di rispondere alle domande sui biosimilari attraverso un approccio di tipo regolatorio (vanno usati perché la norma me lo consente) o economico (è utile utilizzarli perché permettono un importante risparmio garantendo la sostenibilità del sistema). Questo nuovo studio offre invece un altro approccio al problema andando direttamente al nocciolo”. L’originalità di questo approccio consiste nel aver utilizzato dati di “real world practice” per rispondere a quesiti aperti posti direttamente dal mondo clinico. Il frutto di questi nuovi dati dovrebbe aiutare i decisori a definire le loro strategie sui biosimilari tenendo conto non solo degli aspetti di tipo “regolatorio” o “economico” ma anche di ciò che è stato possibile misurare nella pratica clinica.
▼ Trotta F, Belleudi V, Fusco D, Amato L, Mecozzi A, Mayer F, Sansone M, Davoli M, Addis A. Comparative effectiveness and safety of erythropoiesis-stimulating agents (biosimilars vs originators) in clinical practice: a population-based cohort study in Italy. BMJ Open 2017;7:e011637 DOI 10.1136/bmjopen-2016-011637