I malati oncologici sono costantemente alla ricerca di nuove strategie di trattamento capaci, almeno potenzialmente, di prolungare la loro vita. Soffrono i tempi di attesa del percorso di approvazione dei nuovi medicinali da parte della US Food and Drug Administration (FDA), processo che richiede che gli sponsor dimostrino “una sostanziale evidenza di beneficio clinico (o di efficacia) da indagini adeguate e ben controllate.” I clinici, da parte loro, desiderano proporre trattamenti razionali e mirati ai target molecolari delle malattie. È un problema sempre più rilevante e controverso, affrontato da un Commento sul JAMA, nel fascicolo interamente dedicato all’oncologia pubblicato in contemporanea con il Congresso ASCO 2011.
La preoccupazione per la situazione di pazienti compromessi, insieme con la promessa di trattamenti mirati, sostengono Miller e Joffe, rischia di far smarrire l’interesse più generale e “istituzionale”, per una sempre rigorosa valutazione dei farmaci sperimentali.
In un altro Commento, evidentemente collegato a quello segnalato precedentemente, David Howard, del Department of Health Policy and Management, Emory University, Atlanta, Georgia, punta il dito sul costo dei nuovi farmaci oncologici che giudica sproporzionato non solo rispetto alle risorse disponibili, ma anche in confronto al costo di medicinali simili proposti sul mercato solo poche stagioni or sono. Non è giustificabile, secondo Howard, il costo di medicinali molto più costosi rispetto allo stesso bevacizumab che aggiungo “nel migliore dei casi” solo pochi mesi di vita al paziente. “Se una azienda – spiega l’autore – introduce un farmaco che costa $ 30.000, gli assicuratori si lamentano ma ancora rimborsano il prodotto. La successiva industria che introduce un farmaco, vedendo che il primo è stato in grado di sostenere un prezzo di $30.000, fissa il suo prezzo a $ 40.000, e il ciclo continua.”