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Carcinoma della mammella, un piano per l’assistenza a lungo termine

By 28 Febbraio 2018Maggio 12th, 2021No Comments
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Negli Stati Uniti i centri di riferimento per il trattamento dei carcinomi della mammella devono, per essere accreditati come tali, implementare un piano di assistenza per la sopravvivenza (survivorship care plan, SCP). Introdotti nel 2005 dall’Institute of Medicine (IOM), questi interventi hanno lo scopo di spostare il focus della cura dalla malattia al suo superamento (1). Quattro gli obiettivi fondamentali: prevenzione delle recidive e di nuovi tumori; monitoraggio degli effetti a lungo termine associati a metastasi, recidive e eventi avversi tardivi; gestione delle conseguenze del cancro e dei suoi trattamenti; coordinamento tra specialisti e fornitori di servizi primari.

Attualmente, infatti, il 90% delle pazienti a cui viene diagnosticato un carcinoma della mammella sopravvive per più di 5 anni, ma deve comunque affrontare tutte le conseguenze della malattia. “Linfedemi, neuropatie periferiche, difficoltà finanziarie, perdita del lavoro, deprivazione di estrogeni, disfunzioni sessuali e problemi relazionali. Queste – ha spiegato Nathalie Johnson, direttore medico del Legacy Cancer Institute di Portland, in occasione di un corso intensivo organizzato dall’American Society of Breast Surgeons – sono solo alcune delle sequele vissute dalle donne che sopravvivono a questo tumore”(2).

Per questi e altri motivi l’IOM ha deciso di proporre l’implementazione degli SCP. Un aspetto centrale di questi interventi consiste nel fornire informazioni riguardanti tutte le fasi del trattamento e nel pianificare, in accordo con il medico generale, il paziente e l’oncologo, un piano adeguato di follow-up. Inoltre, gli SCP dovrebbero sempre prevedere test diagnostici e l’indicazione di servizi di supporto. Infine, ha aggiunto Johnson, “il programma dovrebbe affrontare questioni come la vigilanza post-trattamento, la preservazione della fertilità e della sessualità, la gestione dei linfedemi e la promozione di stili di vita salutari”.

Queste indicazioni, tuttavia, sono state recepite in modo diverso nei vari centro di riferimento distribuiti sul territorio americano. In generale, i modelli più diffusi sembrano essere i seguenti.
Modello consultivo: i pazienti che hanno completato il trattamento partecipano a un singolo incontro con figure di supporto, specialisti e esperti di programmi di assistenza. Qui il soggetto riceve le informazioni necessarie e, eventualmente, viene inviato presso strutture specializzate.
Modello longitudinale: il paziente affronta un periodo di transizione, della durata compresa tra 1 e 5 anni, in cui passa dalla cura dell’oncologo a quella di un centro specializzato in assistenza.
Modello di coordinamento dei servizi: istituzione di una rete che permetta di accedere facilmente a diversi servizi, quali terapie fisiche, consulenze nutrizionali e psicologiche. Questo modello è particolarmente indicato per le aree caratterizzata da una forte presenza di organizzazioni private nei pressi di un centro ospedaliero.
Modello centrato sull’oncologo: i pazienti ritornano ciclicamente dallo specialista da cui sono stati trattati per la gestione degli effetti collaterali e di altre conseguenze.
Modello centrato sul medico di base: i pazienti vengono seguiti dai clinici dei servizi di assistenza primaria, i quali sono generalmente in grado di avere un’idea più ampia del benessere dell’individuo.
Modello di assistenza integrativa: prevede la collaborazione tra diversi servizi di assistenza, con l’obiettivo di fornire al paziente supporto e le giuste figure di riferimento.
Modello clinico multidisciplinare: prevede il coinvolgimento di una serie di sub-specialisti, ideale nel caso di pazienti metastatici o con problematiche post-trattamento complesse.
Modello patologia-specifico: il piano di assistenza per la sopravvivenza è progettato sulla base delle caratteristiche specifiche del tumore.

Anche se l’IOM ha fornito una sorta di guida relativa agli SCP, non ha però dato indicazioni sui meccanismi di implementazione di questi interventi. Un problema, ad esempio, è legato alla quantità di risorse necessarie per portarli avanti, soprattutto dopo che diversi trial randomizzati non sono stati in grado di dimostrare un loro reale beneficio. Ciononostante, negli Stati Uniti l’implementazione di un SCP è necessaria per ricevere l’accreditamento a centri di riferimento per il trattamento del carcinoma della mammella, da parte della Commission on Cancer (CoC) e del National Accreditation Program for Breast Centers (NAPBC). Secondo Johnson, tuttavia, ciò potrebbe portare a un miglioramento della qualità degli interventi disponibili: “Molti amministratori aprono le orecchie quanto si trovano di fronte alla possibilità di perdere l’accreditamento. Si tratta quindi di una buona occasione per discutere di quale siano i modelli più efficaci”.

Fabio Ambrosino

▼ 1. Institute of Medicine & National Research Council (2006).From Cancer Patient to Cancer Survivor: Lost in Transition. Washington, DC: The National Academies Press.
2. Smith MJ. Breast Centers Develop Strategies to Implement Effective Survivorship Programs. Clinical Oncology News; pubblicato il 13 febbraio 2018.