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ASCO, a San Diego si discute di qualità delle cure palliative

By 31 Ottobre 2013Maggio 12th, 2021No Comments
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San Diego ospita in questi giorni il Simposio 2013 sulla qualità dell’assistenza promosso dall’ASCO, a dimostrazione della sempre crescente attenzione che la sanità rivolge alle terapie di supporto per un’oncologia sempre migliore e per outcome sempre più favorevoli alle persone malate.

L’iniziativa più rilevante promossa dall’Associazione americana è CancerLinQ, un sistema educazionale di supporto alla decisione clinica basato sulla Health Information Technology per promuovere un’assistenza al paziente oncologico di migliore qualità e di valore crescente con migliori risultati per i malati (vedi abs 237).

CancerLinQ  consente lo sviluppo di una rete molto estesa di computer in grado di raccogliere e analizzare i dati per la cura del cancro di milioni di visite di pazienti, collettando anche le linee guida elaborate dagli esperti ed altre evidenze in grado di generare in tempo reale un feedback per i medici curanti sull’orientamento e la qualità clinica da assumere. Secondo Richard L. Schilsky, si tratta di un sistema che potrebbe davvero consentire di portare la punta di diamante dell’innovazione terapeutica al letto di ciascun malato oncologico.

Un altro lavoro presentato a San Diego è volto a misurare l’efficacia del programma QOPI (Quality Oncology Practice Initiative) nel migliorare le cure di fine vita nei pazienti con tumore avanzato. QOPI, lanciato nel 2006, è stato il primo programma nazionale in grado di fornire un sussidio nel misurare e nel migliorare la qualità degli standard terapeutici di fine vita (abs 132).

Un altro argomento discusso a San Diego sarà fertilità e cure oncologiche, problematica viva anche in Italia. Nonostante le linee guida dell’ASCO raccomandino ai medici di discutere i rischi di infertilità legati al trattamento del tumore con i pazienti in età riproduttiva, la maggior parte degli oncologi non segue queste raccomandazioni. Il  Mountain States Tumor Institute (MSTI ) ha analizzato il comportamento dei suoi medici nel corso del 2010, appurando che i principali ostacoli alla discussione con i pazienti sulla conservazione della fertilità sono costituiti dalla mancanza di materiali didattici accessibili e dal mancato controllo della pratica. Sono state quindi introdotti dei correttivi, predisponendo dei materiali e collaborando con specialisti della riproduzione, il che ha consentito di indirizzare i pazienti oncologici in età riproduttiva ai servizi per la conservazione della fertilità. In pratica, ciò ha consentito un miglioramento straordinario. Se prima degli interventi il tema era discusso nel 6% delle conversazioni col paziente in età riproduttiva, dopo si è passati al 75% e oltre (abs 183).