Interlocutorio? Di riflessione? Il congresso 2011 lascia in qualche misura interdetti. Non per la minore affluenza rispetto all’anno passato (meno seimila presenze), e neppure per il livello delle presentazioni e dell’organizzazione, sempre notevoli. Quel che sconcerta è la discrasia tra le novità in terapia (non moltissime, ma comunque sensibili) e la consapevolezza crescente della presa in carico ormai indifferibile della questione-cancro a livello globale.
Nelle riunioni post-ASCO e nei prossimi mesi si parlerà certamente dei progressi nella lotta al melanoma, al GIST, allo NSCLC non squamoso avanzato, al tumore dell’ovaio e di altre novità positive registrate da un’Oncologia sempre più ritagliata sulla persona, ma resterà sullo sfondo – e tuttavia sempre più incombente – la sfida globale che attende l’Oncologia di oggi, non di domani. Una sfida complessa e dalle facce diverse: la gestione integrata dei sopravvissuti al cancro, fortunatamente sempre più numerosi; l’incidenza rampante dei tumori nel secondo e terzo mondo, in Paesi che non possono permettersi non le terapie a bersaglio molecolare, ma neppure il platino e i suoi derivati; la conoscenza approfondita ma inesausta dei meccanismi di mutazione cellulare, la loro origine genetica e la necessità di trovare armi adeguate che vi pongano riparo.
E questi sono solo alcuni dei problemi che sollecitano la riflessione degli oncologi e accompagnano la loro pratica clinica quotidiana. A volte, il tumore appare in effetti una non-communicable disease, ma non nel senso proprio, di malattia non trasmettibile, quanto – metaforicamente – di malattia sulla quale non si riesce a comunicare nella misura in cui sarebbe necessario.