In Italia i farmaci oncologici rappresentano il 25% della spesa ospedaliera per i medicinali, ma incidono solo per il 4% dell’intera spesa nosocomiale. Stefano Cascinu, Presidente dell’AIOM, ha ribadito queste cifre in qualche misura sorprendenti, nel corso della seconda giornata del XIV Congresso nazionale di Roma.
Ricordare tali cifre ha innanzitutto l’obiettivo di sostenere la richiesta che i farmaci innovativi divengano rapidamente disponibili in tutta Italia, al di là delle disparità regionali. Oggi come oggi, dall’autorizzazione europea di un farmaco alla delibera che ne consente l’immissione in commercio in Italia trascorrono in media 13-15 mesi. “I prontuari e le commissioni regionali del farmaco, che svolgono spesso funzioni simili a quelle dell’EMA e dell’AIFA, hanno poco ragione di esistere”, secondo Carmine Pinto, Segretario nazionale AIOM. Oltretutto la ridondanza di agenzie costituisce essa stessa una fonte di ritardi nella disponibilità delle terapie innovative. Naturalmente, è prima necessario definire con rigore il concetto di innovatività in campo farmacologico, innovatività che non può non essere tutt’uno con il reale vantaggio terapeutico in termini di efficacia, rispetto ai trattamenti già esistenti. Peraltro, Cascinu ricorda che tuttora terapie di non comprovata efficacia costano ogni anno al sistema sanitario circa 350 milioni di euro.
Stefania Gori, tesoriere dell’Associazione, insiste sulla necessità che si sviluppino quanto prima vere reti oncologiche regionali, capaci d’integrare le diverse professionalità, gli strumenti e le competenze coinvolti nella gestione dell’oncologia, assicurando un’omogeneità territoriale delle cure e la diffusione ovunque dei medesimi, alti standard di qualità. I piccoli ospedali vanno messi in rete con quelli maggiori e più attrezzati in modo che circolino le esperienze, identificando al contempo i centri ad elevata esperienza per patologia, in termini di volumi di attività e risultati terapeutici.