
Identificare, grazie al sequenziamento del DNA, sottogruppi di pazienti con tumori rari per i quali non sono disponibili terapie standard e che invece potrebbero beneficiare di farmaci già esistenti al di fuori della loro indicazione registrata. Lo propone uno studio presentato al Congresso annuale dell’European Society of Medical Oncology (ESMO), in corso a Madrid.
Il CPCT (Centre for Personalised Cancer Treatment), una rete di più di 40 strutture ospedaliere dei Paesi Bassi, raccoglie sistematicamente biopsie di pazienti con tumori metastatici sottoponendoli al sequenziamento dell’intero genoma. “Ad esempio, il gene ERBB2 è ricercato principalmente nelle pazienti con carcinoma della mammella, ma sappiamo che la stessa mutazione è presente anche in pazienti con altre patologie oncologiche” afferma Emile Voest, autore principale dello studio, del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam. “Ora siamo in grado di identificare questi pazienti, e la domanda è: come possiamo permetter loro di beneficiare delle terapie esistenti, potenzialmente attive? Questa è la base del nostro Drug Rediscovery Protocol che attualmente include 19 farmaci da 10 aziende farmaceutiche”.
“Abbiamo evidenze precliniche e case reports che suggeriscono che alcuni farmaci, ai quali pazienti con una determinata mutazione genetica e un certo tipo di cancro sono sensibili, possono egualmente essere efficaci in pazienti con la stessa mutazione ma un diverso tipo di tumore. Tuttavia, sappiamo anche che il tipo di architettura tissutale è estremamente importante. Per questo motivo abbiamo creato coorti di studio non solo in base alla mutazione genetica ma anche in base al tipo specifico di tumore”, continua Voest.
Il trial, iniziato alla fine del 2016, ha analizzato 250 casi: di questi, circa 70 pazienti sono risultati finora eleggibili e hanno iniziato un trattamento. Pazienti adulti con tumori solidi, glioblastomi, linfomi o mielomi multipli senza opzioni di terapie standard sono stati arruolati nello studio in più coorti multiple parallele in base al tipo di tumore e al farmaco. L’efficacia del trattamento per ogni coorte è analizzata in un processo a due stadi: “Se nella prima fase, il primo di gruppo di 8 pazienti con lo stesso tipo di tumore e la stessa mutazione genetica risponde al trattamento, espandiamo la coorte a 24 pazienti nella fase 2 in modo da ottenere una indicazione più consistente del beneficio clinico”, dice Voes. “Il beneficio clinico, in questo caso, viene definito sia come remissione completa, che parziale (quando il tumore si riduce del 50%) sia come stabilità di malattia per almeno 16 settimane”.
Finora, un beneficio clinico è stato osservato nel 37% dei partecipanti, e 6 delle 20 coorti in studio sono state promosse alla fase due. “Abbiamo avuto successi reali con molti farmaci antitumorali, dall’immunoterapia ai PARP inibitori alle combinazioni di anticorpi” continua Voest. “Il nostro team è entusiasta di questi risultati perché tutti sanno che lo sviluppo di nuovi farmaci è estremamente costoso. Con questo studio invece stiamo fornendo una piattaforma per ampliare le indicazioni di farmaci esistenti e utilizzarli al loro massimo potenziale. (…) Siamo in contatto con le autorità regolatorie per capire come questi risultati possano essere trasferiti nella pratica clinica il prima possibile per questi rari sottoinsiemi di pazienti”.
Benedetta Ferrucci
▼ Voest E. Expanding the use of approved drugs: The CPCT’s Drug Rediscovery Protocol (DRUP). Abstract LBA59_PR, ESMO 2017.