
La presentazione della campagna di comunicazione “Neoplasiadonna” diretta alla popolazione femminile per sensibilizzare le donne italiane sulla prevenzione di tutti i tumori femminili è stata l’occasione per una fotografia dell’epidemiologia delle neoplasie femminili durante il XXIV Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), in corso a Roma. In Italia le donne vive dopo la diagnosi di tumore sono aumentate del 34% in 10 anni, da 1.433.058 nel 2010 a 1.922.086 nel 2020. In sei anni (2015-2021) fra le italiane la mortalità per carcinoma della mammella è diminuita di quasi il 7%, mentre nel tumore dell’ovaio i decessi sono calati del 9%. Servono però campagne mirate per tumori che stanno diventando sempre più diffusi tra le donne come quelli della vescica e del polmone, che hanno fatto registrare un netto incremento dei decessi (+5,6% e +5%).
Spiega Domenica Lorusso, Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia e Responsabile Programmazione Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma: “Da venti anni mi occupo di tumori dell’ovaio e non ho mai vissuto un momento come questo grazie ai progressi della ricerca clinica. Ma non possiamo parlare di progressi terapeutici senza parlare di prevenzione. E il prossimo passo è fare screening identificando le mutazioni genetiche e ottenendo così diagnosi molto precoci. In Italia, oggi, quasi 50mila donne convivono con una diagnosi di tumore dell’ovaio e il 70% delle pazienti con malattia in stadio avanzato va incontro a recidiva entro due anni. Per loro abbiamo terapie di mantenimento in prima linea, in grado di ottenere remissioni a lungo termine. Sono molto importanti i dati aggiornati di due studi, PAOLA-1 e SOLO-1, presentati al recente Congresso ESMO di Parigi con 2 pazienti su 3 vive, a 5 e 7 anni, trattate con PARP inibitori. Resta evidente l’importanza della diagnosi precoce. Uno dei problemi su cui dobbiamo concentrarci in questo momento sono le visite perse negli ultimi due anni a causa della pandemia”.
Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche, Direttrice della Clinica Oncologica, AOU Ospedali Riuniti di Ancona e membro del Direttivo Nazionale AIOM, si domanda: “A cosa è dovuto l’aumento di casi di carcinoma polmonare nelle donne? All’aumento dell’abitudine al fumo? All’inquinamento atmosferico, come ha dimostrato uno studio molto importante presentato al recente congresso ESMO di Parigi? A fattori legati al genere? C’è molto da approfondire sia in termini biologici – la genetica dei tumori è spesso diversa nelle donne – sia in termine di progressi negli screening. Le donne non devono essere spaventate dalla possibilità di una diagnosi a seguito di uno screening. Prima si identifica la malattia, maggiori sono le possibilità di cura. La campagna “Neoplasiadonna” punta proprio in questa direzione: aumentare la conoscenza e la consapevolezza dell’importanza della diagnosi precoce nella popolazione femminile. Senza dimenticare gli stili di vita sani. È importante indirizzare messaggi di prevenzione mirate per salvare più vite”.
“Il numero sempre più alto di donne vive dopo la diagnosi di un tumore ‘tipico’ femminile ci dimostra quanto la ricerca abbia compiuto passi avanti importanti”, afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM. “Registriamo una tendenza alla cronicizzazione in tutti i sottogruppi di tumore della mammella grazie ai nuovi farmaci. Queste armi, efficaci anche nelle forme più aggressive come quelle triplo negative, hanno permesso una significativa diminuzione della mortalità. E la ricerca sta ridefinendo il trattamento per circa metà delle pazienti colpite da carcinoma mammario, cioè quelle HER2-low. I risultati dell’anticorpo farmaco-coniugato trastuzumab deruxtecan – oltre all’aspetto clinico – ci rendono orgogliosi come italiani, perché il nostro Paolo Tarantino, che lavora a Boston, è stato protagonista nello sviluppo di questa molecola. Ora è fondamentale sensibilizzare le donne, portarle a conoscenza di queste patologie e degli screening, quando presenti”.