
Anche l’ASCO piange Muhammad Alì, come Chicago e l’America. Che perfino in morte lascia un messaggio rilevante: anche i più forti, come lui, The Magnificient, possono ammalare e morire. A ricordarci che per chiunque esiste il limite. Per Alì lo ha rappresentato il Parkinson che, impietosamente, lo ha colpito ancora giovane e nel pieno delle forze e della vis polemica. Un richiamo alla caducità delle cose, nella giornata appena trascorsa che ha ancora una volta celebrato i fasti delle immunoterapie. Soprattutto grazie ai nuovi anticorpi come nivolumab e pembrolizumab, ormai in grado di migliorare in modo significativo le sopravvivenze non solo nel melanoma metastatico, ma anche in alcune forme tumorali del polmone ed in altri comparti d’organo. Mentre la sessione dedicata alla medicina di precisione risuonava di nuovi dati confortanti, grazie ai primi risultati degli studi sulle biopsie liquide e delle ricerche direct-to-patient, rivelatesi assai utili per accelerare le conoscenze genetiche sui carcinomi mammari avanzati.
Quando Joe Biden lunedì porterà il saluto della Presidenza degli Stati Uniti al congresso ed ai 39mila oncologi convenuti a Chicago lo farà nel segno di una doppia consapevolezza: le iniziative in sanità introdotte da Obama negli ultimi sette anni hanno stravolto, migliorandolo, il sistema sanitario statunitense, sistema del quale le cure oncologiche costituiscono la seconda voce di bilancio, per valore, dopo la spesa cardiovascolare. Nel frattempo, le nuove terapie hanno rinforzato le speranze di poter cronicizzare molte forme tumorali, ma a prezzo di quella che appare sempre di più una forma di “tossicità finanziaria”, dovuta al costo esponenziale dei nuovi farmaci. Insomma, abbiamo sempre di più il modo di curare il cancro, ma si ha sempre maggior coscienza dei costi e, soprattutto, delle scelte che le terapie comportano. Insomma, caro Alì, siamo tutti alle prese con il limite.
Luciano De Fiore