
Secondo Monica Bertagnolli, Presidente ASCO, nel tema congressuale di quest’anno la parola decisiva è “ogni”. Ogni persona malata di cancro dovrebbe poter accedere alle cure migliori e ad essere arruolata nei clinical trial, contribuendo così alla ricerca clinica. Da Chicago l’attenzione della comunità oncologica viene quindi di nuovo richiamata sulla necessità di garantire una universale accessibilità delle cure. Sì, ma quanto universale?
Un anno fa, la stessa ASCO conferiva ad Arunangshu Das, del Bangladesh, il premio IDEA (International Development and Education Award). Il dottor Das ha potuto trascorrere un lungo stage, densissimo di insegnamenti utili e informati ai più recenti dettami della Precision Oncology, presso il Weill Cornell Medicine/NewYork-Presbyterian; per poi tornare nel suo Paese di 162 milioni di abitanti, nel quale ogni anno viene diagnosticata una nuova forma di cancro a circa 150.000 persone. La sanità del Bangladesh è messa a dura prova per gestire questo numero enorme di pazienti, a fronte di risorse molto limitate. La mancanza di infrastrutture e di operatori sanitari qualificati sono le due principali sfide della cura del cancro del Bangladesh. Dove, di conseguenza, la pratica della medicina personalizzata basata sull’evidenza per la cura dei tumori è molto limitata ed ha senz’altro un significato del tutto diverso che in Occidente.
Tornando a casa, Das si è impegnato in attività di ricerca per la cura oncologica in contesti caratterizzati da una estrema scarsità di risorse. Ciò nonostante, ha concentrato il suo obiettivo nel trovare applicazioni stratificate in base alle risorse ai più recenti sviluppi in oncologia, coinvolgendo per quanto possibile i colleghi più giovani. Una ricerca spesso frustrante. E ci si chiede, con Das, se e quale senso abbia l’oncologia di precisione per Paesi come il suo.
Luciano De Fiore