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Polmone: dall’appropriatezza diagnostica all’appropriatezza terapeutica

By 10 Novembre 2014Aprile 7th, 2021No Comments
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“Medicina personalizzata” è un’espressione che indica la possibilità, soprattutto attraverso l’analisi farmacogenomica, di personalizzare la strategia terapeutica in base alle caratteristiche del paziente e della sua patologia. Lo strumento grazie al quale è oggi – almeno in parte – applicabile il paradigma della Medicina personalizzata sono le indagini genetiche e molecolari.

In Oncologia medica, nello specifico, sempre più la pratica clinica quotidiana si avvale di test validati mirati alla diagnostica molecolare dei tumori solidi e alla ricerca di alterazioni molecolari predittive di risposta alle target therapies. La positività o la negatività a tali test permette di valutare l’appropriatezza di terapie biologiche in base alle caratteristiche di sensibilità o resistenza dei singoli tumori alle terapie. Ciò permette di evitare terapie inutili e inutili effetti tossici ai pazienti che non sono eleggibili per determinate terapie migliorando gli outcome, evitando il burden di effetti avversi inutili e realizzando nel contempo un risparmio per il SSN.

“Oggi la diagnosi è un po’ cambiata per il patologo, e in particolare per il patologo che si occupa di tumori del polmone. È necessario un buon trattamento del materiale per ottenere i risultati migliori con i biomarker predittivi di risposta ad alcune target therapies”, avverte Giulio Rossi del Dipartimento di Anatomia Patologica del Policlinico di Modena. “Se fino al 2008-2009 per un patologo la diagnosi di un carcinoma polmonare prevedeva soltanto riconoscere se si trattava di una neoplasia primitiva o secondaria e nel caso fosse primitiva la distinzione tra a piccole o non a piccole cellule, oggi per un trattamento anche a base di chemioterapia occorre distinguere tra carcinoma squamoso o non squamoso. Meglio ancora se viene riconosciuto un adenocarcinoma, perché in questo caso si aprono degli spiragli terapeutici importanti”.

Intervista video a Giulio Rossi
Dipartimento di Anatomia Patologica – Policlinico di Modena

“Si pianifica la strategia terapeutica non più su grandi categorie di pazienti, ma proprio sulle specifiche caratteristiche biomolecolari riscontrate in ogni singolo individuo, proponendo un trattamento disegnato sulle caratteristiche della patologia neoplastica che lo interessa”, spiega Lucio Crinò della Struttura Complessa di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera di Perugia. “Per esempio nel caso del trattamento del carcinoma polmonare siamo passati dalla chemioterapia uguale per tutti prima alla classificazione per istologia e poi alla tipizzazione molecolare della neoplasia. Questa tipizzazione può fare la differenza, perché in alcuni casi evidenzia target terapeutici per i quali sono disponibili trattamenti che danno ottimi risultati. In un 4-7% degli adenocarcinomi polmonari, per esempio (che colpiscono mediamente persone giovani, non fumatori) riscontriamo una inversione del gene ALK. Ebbene, in questo caso abbiamo a disposizione dei farmaci – gli inibitori delle tirosin-kinasi o TKI – che possono avere un impatto davvero significativo sugli outcome clinici e cambiare la storia naturale della malattia. Tra questi, crizotinib garantisce un controllo duraturo della malattia in questo gruppo di pazienti nel 60-70% dei casi, con una progression free survival che supera gli 8-9 mesi”.

Intervista video a Lucio Crinò
Struttura Complessa di Oncologia Medica – Azienda Ospedaliera di Perugia