
Il carcinoma squamoso della testa e del collo (oltre 600.000 nuovi casi/anno) è associato ad uno dei più elevati tassi di mortalità cancro-correlata. Con le attuali strategie di trattamento integrato (chemio/radioterapia e chirurgia) le probabilità di cura della malattia localmente avanzata, che si stima interessi circa tre/quarti dei pazienti alla diagnosi, variano tra <50% ed 80%. Ciò dipende dalla sede del tumore primitivo, dallo stadio di malattia e da altri fattori di rischio, tra cui la positività o meno al papillomavirus umano (HPV). Quando la malattia diventa inoperabile o sviluppa metastasi a distanza le possibilità di cura sono molto scarse e la sopravvivenza si riduce a pochi mesi; motivo per cui bisognerebbe sfruttare tutte le strategie a disposizione prima che la malattia sviluppi metastasi. In questo contesto diviene tanto più interessante avvalersi delle potenzialità dell’immunoterapia.
Nivolumab è un inibitore di PD-1 che in Italia è ormai parte integrante dell’armamentario terapeutico del melanoma, del carcinoma renale e, più recentemente, del carcinoma polmonare non a piccole cellule in fase metastatica. Per quanto riguarda i tumori del distretto cervico-facciale, l’approvazione all’uso nella malattia ricorrente o metastatica dopo chemioterapia contenente platino è già avvenuta negli USA (novembre 2016) ed in Europa (marzo 2017), in base ai risultati dello studio Checkmate 141. In Italia si attendono ancora l’approvazione e la relativa rimborsabilità, per la suddetta indicazione, da parte dell’AIFA. Attualmente non vi sono dati pubblicati, sia con nivolumab che con altra immunoterapia, riguardo la loro efficacia nel carcinoma cervico-facciale in fase neoadiuvante alla chirurgia. L’immunoterapia in fase pre-chirurgica potrebbe teoricamente potenziare le capacità immunitarie dell’organismo, contribuendo a prevenire le recidive e le metastasi a distanza.
Lo studio Checkmate 358, di fase I/II, ha sperimentato l’efficacia e la sicurezza di nivolumab in fase neoadiuvante alla chirurgia nei pazienti con carcinoma squamoso ad origine dal testa-collo e dagli organi ginecologici (vulva, vagina e cervice uterina), indipendentemente dal loro status di espressione di HPV. I risultati della coorte di pazienti con carcinoma cervico-facciale sono stati presentati all’ESMO 2017 come Late Breaking Abstract (Ferris R et al, LBA 46), discusso da Amanda Psyrri.
I 29 pazienti avevano tutti malattia localmente avanzata ad origine dal cavo orale, dalla faringe o dalla laringe, almeno T1 o N1, e non erano selezionati sulla base dello status di HPV e dell’espressione di PDL-1. I malati hanno ricevuto due cicli di nivolumab a dose fissa (240 mg ogni due settimane), seguiti da rivalutazione di malattia e chirurgia entro al massimo 3 settimane dall’ultima dose di nivolumab. Obiettivi primari erano l’incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento e degli eventuali ritardi alla chirurgia per tossicità. La modifica delle dimensioni del tumore (valutata dagli investigatori) era un endpoint esplorativo; obiettivi secondari erano la risposta patologica e l’espressione tumorale di PDL-1.
Tutti e 29 i pazienti (di cui 12 HPV+ e 17 HPV-) hanno ricevuto entrambe le somministrazioni programmate di nivolumab. Due pazienti HPV+ (16.7%) e due HPV- (11.8%) hanno manifestato un evento avverso di grado severo correlato al trattamento (aumento dei livelli di lipasi). Nessuno di questi eventi, tuttavia, è risultato clinicamente rilevante e non si è verificato nessun ritardo significativo alla chirurgia.
Al momento dell’apertura del database (febbraio 2017), 11 pazienti su 23 valutabili (48%) hanno evidenziato una risposta tumorale, indipendentemente dallo status HPV e dall’espressione di PDL-1. Tre di questi pazienti hanno avuto una riduzione del tumore superiore al 40%, uno dei quali addirittura superiore al 75%. Si trattava di un paziente con un tumore dell’orofaringe HPV+, stadiato T2N2b al baseline e che dopo la chirurgia è diventato un pT1N2. I preparati istologici post-chirurgia hanno evidenziato la comparsa, rispetto alla biopsia basale, di un ampio infiltrato infiammatorio peritumorale sicuramente indotto da nivolumab.
Checkmate 358 è il primo studio ad aver evidenziato l’efficacia e la buona tollerabilità dell’immunoterapia nel setting neoadiuvante di pazienti con carcinoma cervico-facciale. La riduzione tumorale si ottiene in circa la metà dei pazienti trattati con nivolumab ed è precoce, poiché avviene entro il primo mese di trattamento. Nessun paziente ha manifestato un ritardo all’intervento chirurgico da attribuire all’immunoterapia.
In base ai risultati del Checkmate 358 è stato pianificato uno studio che ha l’obiettivo di testare l’efficacia e la tollerabilità di nivolumab in associazione alla radioterapia nel carcinoma localmente avanzato del testa-collo (clinicaltrials.gov: NCT03247712).
Giovanni Mansueto
UOC Oncologia – Ospedale Fabrizio Spaziani, Frosinone