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NeVento-01: nuove possibilità terapeutiche per le neoplasie vescicali

By 16 Novembre 2016Novembre 22nd, 2016No Comments
Congressi

Dopo numerosi anni di attesa, si registrano progressi terapeutici molto significativi nel trattamento dei carcinomi uroteliali della vescica. La speranza di cambiare la storia naturale della malattia, specie in fase avanzata, con l’introduzione di nuovi farmaci efficaci sembra potersi tradurre oggi in una possibilità concreta, grazie ad una rinnovata conoscenza della biologia molecolare della patologia e all’avvento dell’immunoterapia in questo settore. Il quadro attuale, in Italia e nel mondo, è caratterizzato dal moltiplicarsi del numero di studi clinici attivi sui carcinomi della vescica. Una tale esplosione di possibilità terapeutiche ‒ se da una parte alimenta un giustificato entusiasmo da parte di pazienti e ricercatori ‒ dall’altra deve richiamare ad un momento di riflessione per capire oggi, sul territorio nazionale, quali siano le possibilità esistenti di trattamento per sede geografica e setting clinico di malattia. È stato questo il razionale di NeVento-01, 1° Meeting Annuale del Gruppo NeVe (Gruppo italiano di studio sulle Neoplasie Vescicali), tenutosi a Milano il 3 novembre 2016: fare il punto sulle principali criticità legate all’utilizzo dei nuovi farmaci e avere una fotografia chiara dello stato della gestione ottimale dei pazienti.

Gestione ottimale che passa necessariamente attraverso la multidisciplinarietà: “È un contesto del tutto nuovo, il margine per poter lavorare e l’interesse alle novità terapeutiche che stanno arrivando e sono già arrivate sono grandi”, ricorda Andrea Necchi della SC Oncologia Medica 1 della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, responsabile scientifico di NeVento-01.

Il punto di vista dell’urologo sul tema è riassunto da Giario Conti, Direttore della SC Urologia dell’Azienda Ospedaliera S.Anna di Como: “Lo scenario sta per cambiare velocemente: abbiamo una forte indicazione AIOM all’utilizzo di chemioterapia neoadiuvante prima dell’intervento chirurgico, ma l’arrivo di nuovi farmaci porrà la questione sul loro utilizzo in neoadiuvante al posto della chemioterapia in alcuni pazienti, che andranno naturalmente identificati”.

“Il ruolo del patologo tende a trasformarsi, non è più solo limitato allo studio e all’esatta classificazione della neoplasia vescicale, ma anche a valutazioni ‒ mediate anche da tecniche ancillari ‒ del microambiente tumorale che comprende la neoplasia e anche le cellule infiammatorie infiltranti”, spiega Maurizio Colecchia del Dipartimento di Patologia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano.

Barbara Alicja Jereczek Fossa, Professore Associato di Radioterapia Oncologica presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore della Radioterapia dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) sottolinea l’importanza del ruolo della radioterapia: “Ci sono oggi le evidenze e le casistiche raccolte in grandi centri europei e americani che mostrano come l’approccio trimodale (massima TURV seguita da radioterapia e chemioterapia) è equivalente alla chirurgia radicale. E nuovi scenari si aprono anche nella malattia oligometastatica”.