Fra gli argomenti “caldi” della XVI edizione del congresso AIOM (Roma, 24-26 ottobre 2014), il ruolo degli agenti antiangiogenici nel trattamento del cancro del colon-retto in stadio avanzato.
L’inibizione prolungata nel tempo dei fattori pro-angiogenici circolanti è una strategia potenzialmente vincente nella gestione del mCRC ed è l’unica strategia possibile con i farmaci biologici in aggiunta alla chemioterapia nel paziente RAS mutato. Di particolare interesse, in quest’ottica, sono le evidenze generate da recenti studi pubblicati con aflibercept, nuovo inibitore del pathway VEGF, da poco rimborsato da AIFA in classe H e indicato in seconda linea di trattamento in pazienti con carcinoma colorettale metastatico pretrattati con oxaliplatino. Lo studio VELOUR (Van Cutsem et al)1, trial registrativo di aflibercept, ha valutato l’aggiunta della dell’antiangiogenico al gold standard di chemioterapia FOLFIRI, dimostrando un vantaggio in termini di OS statisticamente significativo, oltre che di PFS e ORR . L’andamento delle curve di sopravvivenza con una divergenza in continuo aumento, anche oltre il valore mediano, lascerebbe intuire un notevole beneficio con aflibercept in un sottogruppo di pazienti, che potrebbero essere identificati attraverso marker predittivi di natura clinica e biologica. Lo studio pre-clinico di Chiron et al2su modelli PDX (patient-derived xenograft) di carcinoma colorettale ha mostrato una maggiore e più consistente attività antitumorale con aflibercept rispetto a bevacizumab, dimostrando anche una capacità di ridurre la massa tumorale, a differenza di bevacizumab. Una più recente presentazione dei dati di una ricerca pre-clinica su modelli PDX di mCRC pretrattati con bevacizumab sempre di Chiron ha mostrato come lo switching ad aflibercept determini una maggior risposta tumorale rispetto alla continuazione del trattamento con bevacizumab, sottolineando la potenzialità di aflibercept nel superare tale resistenza intrinseca del tumore a bevacizumab.
Il confronto fra i due farmaci antiagiogenici contribuisce ad ampliare lo scenario delle opzioni terapeutiche del colon-retto, che ad oggi resta ancora il tumore a maggior insorgenza nella popolazione italiana (con quasi 52.000 diagnosi nel 2014), ma ribadisce al contempo la necessità di sviluppare maggiori conoscenze circa fattori predittivi di risposta e, di conseguenza, migliore sequenza di trattamento. Secondo Alfredo Falcone (Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa), prima di porsi il quesito sull’efficacia dei due agenti antiagiogenici in termini generali, è necessario approfondire la disamina delle loro differenze – indubbie, anche se non drammatiche: «Hanno entrambi come target il VEGF3 , anche se aflibercept ha un target più ampio anche verso il placental growth factor e dunque resta difficile sulla base dei dati clinici oggi a disposizione determinare in assoluto l’opzione migliore: lo sforzo dovrà essere identificare i fattori molecolari che rendono una delle due scelte migliore dell’altra per il singolo paziente».
Intervista video a Alfredo Falcone
Direttore UO Oncologia Medica 2 Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana
Sul tema del sequenziamento, nei giorni dell’AIOM, abbiamo chiesto ad altri autorevoli oncologici impegnati nella ricerca e nella cura del colon-retto quale fosse il criterio di scelta dell’antiangiogenico in fase avanzata, dopo una prima linea con bevacizumab. Fra le opinoni raccolte, quella di Alberto Zaniboni (UO Oncologia Medica Fondazione Poliambulanza di Brescia), secondo il quale «i pazienti che hanno avuto una lunga risposta con bevacizumab ed hanno una progressione non particolarmente virulenta potrebbero giovarsi della prosecuzione del beva cambiando chemioterapico, al contrario, in caso di progressioni importanti (entro i 9 mesi di durata della PFS di 1L con bevacizumab, sintomatiche e volumetriche) i pazienti potrebbero giovarsi maggiormente dello switch ad aflibercept». L’eventuale scelta dell’oncologo di utilizzare questa ulteriore arma, aflibercept, ormai disponibile in classe H, non può prescindere da considerazioni anche di tipo economico, sulla base delle quali Zaniboni conclude il suo commento: «il risk sharing concordato con una scontistica importante del 67% sul costo del farmaco pone l’aflibercept tra i farmaci biologici più a buon mercato e comunque meno costosi rispetto ad altri».
Intervista video a Alberto Zaniboni
Direttore UO Oncologia Medica Fondazione Poliambulanza, Brescia
Alla luce delle rinnovate conoscenze sulla seconda linea di trattamento e dei nullaosta sul piano economico-regolatorio riguardo alle opzioni a disposizione, ci siamo domandati quanto conti la scelta terapeutica di prima linea per i pazienti in considerazione di una possibile futura seconda linea e, viceversa, quanto le possibilità di scelta legate a quest’ultima potrebbero influenzare la scelta della prima linea . «Il momento più importante per il paziente con CRC metastatico rimane la scelta della prima linea», risponde Evaristo Maiello (Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo, Foggia ). «Per quest’ultima il problema più importante è capire qual è il trattamento migliore per quel paziente e qual è la migliore chemioterapia che si possa fare. Personalmente non penso alla possibile sequenza, ma al miglior trattamento, anche se questa prima scelta potrebbe precludermi qualche possibilità di utilizzo futuro». Raggiunta la progressione di malattia – prosegue Maiello – sarà giusto chiedersi quali obbiettivi si vogliono e possono ottenere e quale farmaco sia il più indicato ad ottenerli per quel paziente. «Generalmente in seconda linea l’obiettivo diventa l’allungamento della PFS e quando è possibile – in caso di necessità di shrinkage della malattia – anche la risposta terapeutica. Avendo mostrato un vantaggio anche in termini di sopravvivenza – seppure non particolarmente importante (o apparentemente non importante) – aflibercept soddisfa questo tipo di obiettivi, perché in effetti risponde all’esigenza di poter dare qualche risposta in più». Riguardo ai dati sulla tollerabilità, discussi anche nel corso del simposio dedicato alla molecola –con la presentazione in anteprima dell’analisi di safety della coorte italiana (200 pazienti) dello studio di fase IIIb ASQoP (Aflibercept Safety and Quality of life Program ) che ha evidenziato una riduzione degli eventi avversi di G3-4 rispetto ai dati del VELOUR-Maiello riporta quella che è la sua esperienza nella pratica clinica con il farmaco: «Quella tossicità che veniva considerata come un fattore limitante nello studio VELOUR non è stata – almeno nella mia esperienza – così evidente, per cui la maneggevolezza del bevacizumab è più o meno mantenuta anche con l’aflibercept».
Intervista video a Evaristo Maiello
UO Oncologia IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo
Restando in tema di tossicità, secondo Paolo Marchetti (Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma), di fronte a studi registrativi molto ben condotti che descrivono le caratteristiche delle tossicità di un farmaco, non possiamo dimenticare che “molto spesso siamo portati a confrontare risultati di tossicità derivanti da studi condotti in epoche diverse, un esempio importante riguarda proprio il confronto tra bevacizumab e aflibercept”: un tempo, infatti, con bevacizumab, gli oncologi prendevano meno in considerazione alcune tossicità tipiche della classe perché meno conosciute. Nel tempo, man mano che è aumentata la sensibilità degli oncologi verso alcune tossicità, si è dato anche maggiore rilievo a questi aspetti che oggi emergono maggiormente negli studi più recenti, facendo apparire un farmaco con un profilo di safety più pesante di un altro. “Quello che conta – prosegue Marchetti – è valutare quello che succede nella pratica clinica quotidiana, considerando che un conto sono le tossicità descritte negli studi clinici , un conto è quello che troviamo ogni giorno con i nostri pazienti ». Per quanto riguarda la scelta del trattamento migliore per il carcinoma del colon-retto metastatico in termini di efficacia, aggiunge Marchetti: “Abbiamo imparato che quello che conta è identificare la migliore strategia, cioè la migliore sequenza di trattamenti. Abbiamo vincoli importanti dal punto di vista prescrittivo, quindi ogni nostra scelta di prima linea determina non solo quale è la migliore scelta di seconda linea da un punto di vista scientifico ma anche quale è la scelta possibile da un punto di vista registrativo”.
Intervista video a Paolo Marchetti
Direttore UOC Oncologia Medica Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma
Bibliografia
1. Van Cutsem E, Tabernero J, Lakomy R et al. Addition of aflibercept to fluorouracil, leucovorin and irinotecan improves survival in a phase III randomized trial in patients with metastatic colorectal cancer previously treated with an oxaliplatin-based regimen. J Clin Oncol 2012;30:3499-3506.
2. Chiron M, Bagley RG, Pollard J et al. Differential antitumor activity of aflibercept and bevacizumab in patient-derived xenograft models of colorectal cancer. Mol Cancer Ther 2014;13:1636.
3. Oltre al VEGF-A, cui fa riferimento Falcone, anche al VEGF-B.