
Le immunoterapie si sono imposte a Chicago con la forza dei loro numeri. Lo spiraglio aperto anni fa adesso è una vera falla, attraverso la quale tumori diversi vengono aggrediti dallo stesso sistema immunitario. Ciò è stato possibile grazie ad agenti come l’ipilimumab, il primo nella sua classe, seguito da altri dei quali qui a Chicago si sono iniziati a conoscere i primi risultati, come nivolumab e pembrolizumab.
Testati inizialmente contro il melanoma e raggiunti dati consistenti ed assolutamente incoraggianti (per esempio, a questo ASCO è stato presentato un dato davvero notevole sull’ipilimumab in adiuvante ed i primi risultati dell’associazione ipilimumab-nivolumab nel melanoma avanzato), l’impiego delle immunoterapie tocca adesso affezioni di altri comparti d’organo, come il cancro della cervice e lo NSCLC, con risultati molto interessanti. Proprio riguardo al pembrolizumab – antagonista del PD-1 – sono stati presentati al congresso americano i primi dati sul suo impiego nei tumori testa-collo e sul carcinoma polmonare non a piccole cellule.
Tanta offerta terapeutica, ancora tutta da approfondire, impone nuove riflessioni sul disegno degli studi clinici e sulle migliori sequenze terapeutiche. Adesso, soprattutto per popolazioni particolari che presentano mutazioni genetiche, l’armamentario terapeutico contro alcuni tumori può avvalersi di farmaci a bersaglio molecolare efficaci e ben sperimentati, a volte in associazione con le “vecchie” chemioterapie. Proprio queste si sono confermate anche quest’anno, nonostante tutte le novità, un ingrediente indispensabile per la cura di molti tumori. L’immunoterapia viene dunque ad arricchire ed a “scombinare” le sequenze e le linee di trattamento, proponendo all’oncologo scelte nuove d’indubbio interesse.
Fonte: Abstract LBA9008, LBA9003^, LBA9000^, ASCO 2014.
Luciano De Fiore