
La nuova generazione di test ematici MCED (multi-cancer early detection) in avanzata fase di sviluppo – capaci di individuare la presenza di 50 tipi diversi di tumore in totale assenza di sintomi e anche in fase precocissima – sta per cambiare per sempre non solo la diagnostica in Oncologia, ma anche la pratica clinica quotidiana, l’organizzazione dell’assistenza ambulatoriale e ospedaliera. Lo ha affermato Fabrice André (Directeur de la recherche all’Institut Gustave Roussy di Villejuif ed ESMO 2022 Scientific Co-Chair) in occasione della presentazione dei dati dello studio PATHFINDER al Congresso annuale dell’European Society of Medical Oncology (ESMO) in corso a Parigi.
“È secondo me un dovere delle società professionali come ESMO aumentare la consapevolezza del fatto che entro i prossimi cinque anni avremo bisogno di più medici, chirurghi e infermieri, insieme a più infrastrutture diagnostiche e terapeutiche, per prendersi cura del numero crescente di persone che risulteranno positivi a test di diagnosi precoce MCED”, ha spiegato André, neoeletto futuro presidente ESMO per gli anni 2025-2026. “Dobbiamo coinvolgere tutte le parti interessate nella decisione di nuovi percorsi di cura. Dobbiamo concordare chi sarà testato e quando e dove verranno effettuati i test e per anticipare i cambiamenti che accadranno a seguito di questi test, ad esempio nella diagnosi e nel trattamento di persone con tumori del pancreas e di altro tipo che di solito vengono diagnosticati in una fase molto successiva”.
I nuovi test MCED possono rilevare da un prelievo di sangue il segnale della presenza di un tumore e l’area del corpo in cui è situato. Questo segnale è dato da piccole sequenze di DNA tumorale circolante (ctDNA) che hanno modelli di metilazione diversi dal DNA non tumorale. Nello studio PATHFINDER un test MCED ha rilevato un segnale tumorale nell’1,4% di 6621 persone di età pari o superiore a 50 anni senza alcuna diagnosi di tumore e senza nessun sintomo: la diagnosi di tumore è stata confermata nel 38% dei test positivi.
Troppi falsi positivi? Spiega Deb Schrag del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, prima firma dello studio PATHFINDER: “Una scoperta importante è stata che pochi partecipanti con un test di screening falso positivo hanno richiesto più procedure invasive come endoscopie e biopsie. Questa scoperta dovrebbe aiutare a dissipare le preoccupazioni sul fatto che questi test potrebbero causare danni generando procedure non necessarie in persone che in realtà sono sane. Questo studio indica che la speranza è all’orizzonte per rilevare tumori che non sono attualmente diagnosticabili in fase molto precoce, ma ovviamente è necessario molto più lavoro e, con l’esperienza e campioni più grandi, questi test miglioreranno. I test devono essere perfezionati in modo da poter distinguere meglio il DNA del tumore da tutto l’altro DNA circolante. È anche fondamentale notare che lo scopo dello screening non è ridurre l’incidenza del cancro, ma piuttosto ridurre la mortalità per cancro. È prematuro giungere a qualsiasi conclusione su come il test MCED influenzi la mortalità che non è stata misurata nello studio PATHFINDER e richiede un lungo follow-up”.
Lo studio presentato al Congresso ESMO 2022 è la prima indagine prospettica a dimostrare che un test MCED può rilevare un tumore in pazienti con cancro non diagnosticato. “Abbiamo bisogno di studi comparativi su tutti i tipi di cancro per scoprire se un test di diagnosi precoce influisca sulla morbilità e sulla mortalità. Abbiamo anche bisogno di sapere in che modo i test avvantaggiano i pazienti e come discutere i risultati con loro”, ha affermato ancora André. “Inoltre, abbiamo bisogno di saperne di più sulla piccola percentuale di test falsi positivi: cioè risultati MCED che indicano la presenza di un cancro non confermato dalle procedure diagnostiche standard. Abbiamo bisogno di alcune di queste risposte prima di poter calcolare l’impatto sui costi dell’introduzione dei test MCED nella pratica clinica di routine”.