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ESMO 2016: le novità sul carcinoma mammario avanzato endocrino-responsivo

By 25 Ottobre 2016Aprile 7th, 2021No Comments
Congressi

Le Linee guida internazionali e nazionali sono oramai concordi nel definire l’endocrinoterapia come la terapia di scelta per la maggioranza delle pazienti con carcinoma mammario avanzato endocrino-responsivo, cioè con recettori ormonali positivi ed HER2 negativo. La sola eccezione è il quadro della cosiddetta “crisi viscerale”, situazione clinica che configura il caso di metastasi viscerali massive e sintomatiche che richiedano un rapido controllo di malattia; in questi casi, la chemioterapia rimane la terapia di prima scelta. È importante sottolineare che questa definizione NON si identifica quindi con la semplice presenza di metastasi viscerali che di per sé NON rappresentano una controindicazione alla terapia endocrina.

La risposta ad una terapia endocrina di prima linea predice la probabilità di ottenere un beneficio clinico con una seconda linea di terapia ormonale e, qualora ciò avvenga, alcune pazienti possono beneficiare di ulteriori linee di ormonoterapia e passare alla chemioterapia solo quando la neoplasia sia divenuta endocrino-resistente. La preferenza per queste sequenze di terapie endocrine suggerite concordemente dalle Linee guida si basa sostanzialmente sulla migliore tollerabilità, a parità di efficacia, dell’endocrinoterapia rispetto alle varie chemioterapie.

Sino a pochi anni fa, il benefico clinico atteso con una terapia endocrina di prima linea (tamoxifene o inibitori dell’aromatasi + analoghi LH-RH in premenopausa, inibitori dell’aromatasi in postmenopausa) era una sopravvivenza libera da progressione di circa 12-14 mesi. Le pazienti responsive ad una prima line ormonale potevano poi beneficiare di una seconda linea ormonale (con inattivatori dell’ aromatasi oppure con downregolatori del recettore per l’estrogeno – fulvestrant) con una sopravvivenza libera da progressione di 3-4 mesi. La conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi responsabili della resistenza endocrina primaria (tumori de novo endocrino-resistenti pur esprimendo i recettori ormonali) e della resistenza endocrina secondaria o acquisita (tumori che inizialmente sono endocrino responsivi e poi divengono resistenti pur continuando ad esprimere i recettori ormonali) ha consentito di sviluppare farmaci in grado di prevenire o ritardare il fenomeno della endocrinoresistenza.

Tra le cause di resistenza endocrina secondaria, particolare rilevanza riveste il pathway di PI3K/mTOR. L’everolimus, inibitore di mTOR, in associazione ad un inattivatore dell’aromatasi come trattamento di seconda linea, ha dimostrato di prolungare in maniera significativa la sopravvivenza libera da progressione rispetto al solo inattivatore dell’aromatasi (studio BOLERO 2; sopravvivenza libera da progressione di 3,2 mesi con exemestane versus 7,8 mesi con exemestane + everolimus). La sequenza terapeutica quindi è diventata Inibitore dell’aromatasi (sopravvivenza libera da progressione di 12-14 mesi) seguito da inattivatore dell’aromatasi + everolimus (sopravvivenza libera da progressione di circa 7 mesi). Mediamente quindi, pazienti con carcinoma mammario avanzato endocrino responsivo potevano attendersi una sopravvivenza libera da progressione di 19-21 mesi prima di dovere essere trattate con chemioterapia.

Un altro pathway molecolare di grande rilevanza per l’endocrinoresistenza è quello regolato dalla proteina del retinoblastoma /kinasi ciclina-dipendenti. Verosimilmente questo pathway svolge un ruolo rilevante anche nella endocrino resistenza primaria. Sono in avanzata fase di sviluppo farmaci in grado di inibire le kinasi ciclina-dipendenti, impedendo cosi la fosforilazione della proteina del retinoblastoma e prevenendo la transizione dalla fase G1 alla fase S (quindi alla divisione cellulare) delle cellule tumorali. Due studi randomizzati hanno dimostrato che il palbocilcib (inibitore delle kinasi ciclina-dipendenti) in combinazione con Fulvestrant (studio Paloma 3) in seconda linea o con Letrozolo (studio Paloma 2) in prima linea, era in grado di prolungare in maniera straordinariamente significativa la durata della sopravvivenza libera da progressione.

All’ESMO a Copenhagen e pubblicato contemporaneamente in estenso sul “New England Journal of Medicine” è stato presentato lo studio Monaleesa 2, in cui 668 pazienti con carcinoma mammario metastatico a recettori ormonali positivi sono stati randomizzate 1:1 a ricevere letrozolo + placebo o letrozolo + ribociclib (inibitore delle kinasi ciclino-dipendenti). Il trattamento con letrozolo/ribociclib è stato significativamente superiore a letrozolo/placebo in termini di sopravvivenza libera da progressione (endpoint primario) che era di 14,7 mesi con letrozolo/placebo e non è stata ancora raggiunta con letrozolo/ribociclib (HR 0.56). Nelle pazienti con malattia misurabile, la risposta obiettiva è stata di 37,1% con letrozolo/placebo e 52,7% con letrozolo/ribociclib. Tutti i sottogruppi di pazienti analizzati in base a età, performace status, pregressa terapia adiuvante, sede metastatica e numero di sedi metastatiche, hanno ugualmente beneficiato dal trattamento con ribociclib. I dati di sopravvivenza globale non sono ancora disponibili. Questo grande beneficio clinico è stato ottenuto a prezzo di tossicità contenute; la principale tossicità indotta da ribociclib è una neutropenia di grado 3, reversibile, non cumulativa e molto raramente causa di infezioni. Altre tossicità meno frequenti e generalmente di grado 1-2 sono state le nausea , rush cutaneo ed elevazione delle transaminasi.

Un altro studio di grande interesse è stato lo studio FALCON nel quale 462 pazienti con carcinoma mammario metastatico a recettori ormonali positivi, mai pretrattate con terapia endocrina neppure in adiuvante, sono state randomizzate a ricevere anastrozolo o fulvestrant 500 mg. Il trattamento con fulvestrant ha indotto un significativo prolungamento della sopravvivenza libera da progressione (13.8 mesi con anastrozolo, 16.6 mesi con fulvestrant; HR 0.79); facendo un’analisi per sottogruppi, la superiorità di fulvestrant è molto evidente nelle pazienti senza metastasi viscerali (sopravvivenza libera da progressione 22.3 mesi versus 13.8 con anastrozolo, HR 0.59) mentre non emerge nessun vantaggio per le pazienti con metastasi viscerali. Al momento non vi sono differenze significative in termini di sopravvivenza globale (i dati sono comunque ancora preliminari).

Questi due studi, assieme ai dati prodotti dagli studi Paloma 2 e 3, porteranno ad una rivisitazione dell’algoritmo terapeutico del carcinoma mammario avanzato a recettori ormonali positivi HER2 negativo. In assenza di biomarcatori predittivi di efficacia validati per uso clinico (come purtroppo è al momento), bisognerà definire: 1) se e quali sono le pazienti che possono essere trattate in prima linea con sola terapia endocrina; 2) qual è e quanto è efficace una terapia endocrina di seconda linea se si usa letrozolo + un inibitore delle kinasi ciclina-dipendenti in prima linea. I dati di sopravvivenza, al momento non ancora disponibili, saranno molto importanti per definire al meglio questo algoritmo.

Certo è che questi studi aprono nuove prospettive di grande interesse per le pazienti con questo tipo di malattia dove sempre più si potrà parlare di cronicizzazione di una malattia avanzata a prezzo di tossicità molto modeste.

Pierfranco Conte
Professore Ordinario di Oncologia Medica, Università di Padova
Direttore UOC Oncologia 2, Istituto Oncologico Veneto, IRCCS