La trasformazione dell’epitelio intestinale normale verso i polipi e gli adenomi fino ad arrivare alle lesioni neoplastiche si accompagna ad una serie di alterazioni molecolari che caratterizzano i passaggi della progressione verso il carcinoma del colon-retto (CRC). Questo processo, se da un lato rende il CRC una malattia biologicamente eterogenea, dall’altro favorisce la disponibilità di biomarkers molecolari principali (chiamati “drivers”) contro i quali possono agire le terapie mirate. Nonostante ciò, vi è sempre una percentuale di pazienti resistenti al farmaco biologico rivolto contro l’alterazione “driver” sulle cellule neoplastiche. L’identificazione precoce dei pazienti resistenti rappresenta oggi una delle principali sfide della ricerca oncologica in questa patologia.
Intervista video a Roberto Bordonaro
Direttore Struttura Complessa di Oncologia Medica ARNAS Garibaldi, Catania
Lo stato del microambiente peritumorale, costituito da fibroblasti, cellule infiammatorie, fattori di crescita, citochine e chemochine è di importanza fondamentale nel regolare la progressione di malattia cosí come lo è la neoangiogenesi, cioè il processo di formazione di nuovi vasi sanguigni all’interno del tumore. L’attivazione dei recettori della famiglia VEGF innesca il passaggio dalla crescita tumorale “in loco” verso la progressione peritumorale e/o a distanza, tramite la formazione di nuovi vasi. Bevacizumab ed aflibercept sono due farmaci antiangiogenici, in grado cioè di opporsi a questo processo legandosi ai fattori pro-angiogenici circolanti della famiglia VEGF con un effetto inibitore. Il risultato finale è la morte cellulare per ipossia e il conseguente blocco della progressione tumorale. La maggior parte dei tumori del colon-retto ha un’elevata espressione dei recettori della famiglia VEGF, sia nelle fasi precoci che dopo la progressione di malattia. Per questo motivo, l’inibizione prolungata nel tempo dei fattori pro-angiogenici circolanti è una strategia potenzialmente vincente nella gestione di questa patologia. In caso di progressione dopo un trattamento di prima linea con chemioterapia + bevacizumab, la prosecuzione di bevacizumab modificando lo schema di chemioterapia si è rivelata una strategia efficace in studi clinici randomizzati (1) e in studi di pratica clinica (2).
Intervista video a Alberto Sobrero
Responsabile Divisione di Oncologia Medica IRCCS AOU San Martino – IST, Genova
Attualmente è disponibile per l’uso clinico aflibercept, una proteina di fusione un anticorpo monoclonale ad attività antiangiogenica più potente e selettiva rispetto a bevacizumab . Essa infatti agisce su tutti fattori pro-angiogenici circolanti della famiglia VEGF e probabilmente anche sul microambiente peritumorale (3). L’uso di aflibercept a progressione dopo bevacizumab si traduce in una risposta tumorale migliore rispetto alla prosecuzione con bevacizumab (4), e può contribuire a far superare le resistenze farmacologiche.
Lo studio di fase III randomizzato VELOUR ha ha valutato l’aggiunta della terapia antiangiogenica alla classica chemioterapia in poco più meno di 1200 pazienti con CRC (5). Il regime aflibercept + chemioterapia (FOLFIRI) si è dimostrato significativamente più efficace rispetto alla stessa chemioterapia + placebo in termini di sopravvivenza globale (13.5 mesi vs 12.06 mesi, p=0.032), che era l’obiettivo primario dello studio. La separazione delle curve tra i due bracci di trattamento prosegue ben oltre la mediana, con una tendenza ad aprirsi ulteriormente. Questo vuol dire che vi è sicuramente un beneficio maggiore da parte di aflibercept in un sottogruppo di pazienti, da identificare attraverso markers predittivi di natura clinica e biologica.
Intervista video a Fortunato Ciardiello
Presidente eletto ESMO
Professore Ordinario di Oncologia Medica, Seconda Università degli Studi di Napoli
Direttore Dipartimento Universitario Medico-Chirurgico di Internistica Clinica e Sperimentale “F. Magrassi e A. Lanzara”, Napoli
Gli autori dello studio VELOUR hanno condotto una prima analisi post-hoc suddividendo i pazienti arruolati in categorie di rischio in base a fattori clinici considerati prognostici nel CRC, come il PS, il numero di sedi metastatiche, i livelli di fosfatasi alcalina e la conta dei leucociti (6). Sono state individuate tre classi di rischio, basso (n=525), intermedio (n=549) ed alto (n=144), su cui sono state ridisegnate le curve di sopravvivenza globale. La differenza in OS permane statisticamente significativa nei pazienti a rischio basso (HR=0.77) ed intermedio (HR=0.764) ma non in quelli a rischio elevato (HR=1.1). I pazienti a rischio basso (ECOG PS 0-1 e non più di 1 sede metastatica) raggiungono una sopravvivenza mediana, nel braccio con aflibercept, pari a 15.97 mesi. Una seconda analisi con caratteristiche simili ha escluso i pazienti in progressione entro 6 mesi dalla terapia adiuvante, ed incluso una classe di pazienti a buon PS che raggiunge, se trattata con aflibercept, una sopravvivenza mediana di 16.2 mesi senza alcun peggioramento del profilo di tossicità (7). Una terza analisi post-hoc, presentata all’ESMO di quest’anno in forma di poster, ha suddiviso i pazienti dello studio VELOUR in base al tempo alla progressione dopo la prima linea di terapia (8). Nei pazienti andati in progressione dopo almeno 9 mesi dall’inizio della prima linea aflibercept risulta più efficace, raggiungendo una sopravvivenza mediana di 17.3 mesi contro 15.1 mesi del braccio placebo (HR=0.88). Nei pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in prima linea, il beneficio dalla strategia di prosecuzione dell’antiangiogenesi è superiore alla sola chemioterapia indipendentemente dal tempo a progressione dopo la prima linea.
Intervista video a Carmine Pinto
Presidente eletto AIOM
Direttore UO Oncologia medica AOU Parma
Queste analisi post-hoc ci offrono conferme interessanti sul fatto che il blocco prolungato dell’angiogenesi sia una strategia vincente nel trattamento del CRC. Inoltre confermano il fatto che a tutt’oggi, per determinare l’efficacia di un farmaco in uno specifico gruppo di pazienti affetti da CRC, possiamo continuare a far riferimento sui fattori prognostici clinici ma siamo ancora molto indietro per ciò che riguarda i markers biologici, sia di tipo prognostico che predittivo di risposta. Alcuni di essi, come la conta delle cellule tumorali circolanti, lo studio TC funzionale oppure la PET con traccianti specifici, hanno dimostrato un certo valore predittivo ma sono molto costosi e scarsamente riproducibili su larga scala. Stesso discorso vale per l’associazione tra l’espressione del recettore VEGF e l’efficacia della terapia antiangiogenica, poiché nessuno studio su quest’argomento è risultato conclusivo.
Sono in corso interessanti studi prospettici sul ruolo della variazione del flusso ematico nel parenchima epatico, studiata tramite ecografia con mezzo di contrasto dinamico (DCE-US), durante il trattamento con farmaci antiangiogenici. L’ipotesi è che i pazienti in cui non vi sia alcuna variazione del flusso ematico in corso di trattamento siano da considerare non responsivi alla terapia antiangiogenica. Lo spettro delle terapie attualmente approvate nel trattamento del CRC negli ultimi anni si è decisamente ampliato, sia per la prima che per la seconda linea. Alcuni schemi hanno dimostrato di saper incrementare la sopravvivenza globale a differenza di altri, ma è ancora difficile stabilire la giusta sequenza di trattamento per ogni singolo paziente. Infatti, ad eccezione di KRAS/NRAS per la terapia con gli anti EGFR, non esistono markers molecolari in grado di orientarci nella scelta del miglior trattamento di prima linea e della successiva sequenza terapeutica.
Giovanni Mansueto
UOC Oncologia Medica
Ospedale F. Spaziani, Frosinone
Bibliografia
1. Bennouna J, Sastre J, Arnold D et al: Continuation of bevacizumab after first progression in metastatic colorectal cancer (ML 18147): a randomised phase III trial. Lancet Oncol 2013; 14: 29-37
2. Cartwright TH, Yim YM, Yu E et al: Survival outcomes of bevacizumab beyond progression in metastatic colorectal cancer patients treated in US Community oncology. Clin Colorectal Cancer 2012; 11: 238-246
3. Giordano G, Febbraro A, Venditti M et al: Targeting angiogenesis and tumor microenvironment in metastatic colorectal cancer: role of aflibercept. Gastroenterol Res Pract 2014; 526178
4. Chiron M, Bagley RG, Pollard J et al: Differential antitumor activity of aflibercept and bevacizumab in patient-derived xenograft models of colorectal cancer. Mol Cancer Ther 13; 1636: 2014
5. Van Cutsem E, Tabernero J, Lakomy R et al: Addition of aflibercept to fluorouracil, leucovorin and irinotecan improves survival in a phase III randomized trial in patients with metastatic colorectal cancer previously treated with an oxaliplatin-based regimen. J Clin Oncol 2012; 30: 3499-3506
6. Rougier P et al, Personal Communication at Journees Francophones d’Hepato-gastroenterologie et d’Oncologie Digestive 2014; P39
7. Chau I, Joulain F, Usman Iqbal S et al: A VELOUR post-hoc subset analysis: prognostic groups and treatment outcomes in patients with metastatic colorectal cancer treated with aflibercept and FOLFIRI. BMC Cancer 2014; 14: 605
8. Mitchell E, van Hazel G, Cunningham D et al: Evaluation of the effect of aflibercept on overall survival by timing of 1st line disease progression: a post-hoc analysis of the VELOUR trial. Ann Oncol 2014; 25 (suppl 2): P-0226