
È la versione up-to-date di un detto popolare. Versione che costituisce uno dei peggiori incubi dei giovani ricercatori. Vale per quasi tutte le scienze, certamente anche in oncologia.
A Parigi, se ne occupa un poster presentato da Khalid El Bairi (abs 1326P), incentrato proprio sul ruolo degli indicatori bibliometrici, sovrautilizzati per valutare il successo accademico. Le cosiddette riviste predatorie si sono infiltrate sfruttando l’open access (OA) e promettendo pubblicazioni veloci. Il problema è che a tutt’oggi non si sa molto su questo genere di riviste e in particolare non esiste uno studio globale sul loro ruolo in oncologia.
Interessante che il primo autore del poster appartenga ad un’istituzione universitaria marocchina, e che il secondo al Dana Farber Cancer Institute: a dimostrazione che il problema è globale, anche se la sua “presa” nei Paesi in via di sviluppo è particolarmente insidiosa. Gli autori hanno sviluppato un sondaggio online di 29 domande volto a indagare la conoscenza e la pratica dei predatory journals (PJ), con particolare attenzione ai Paesi a basso e medio reddito (LMIC). Si è ricorso a statistiche descrittive e regressione logistica per identificare i fattori di rischio per la loro pubblicazione, utilizzando le linee guida CROSS.
Come ha commentato in un articolo Matteo Lambertini (IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Genova), al contrario, «il principio della revisione esterna tra pari rimane la pietra angolare dell’editoria accademica; tuttavia, persistono problemi diffusi con questo processo. È chiaro che il sistema stesso di peer review deve essere rivisto e perfezionato per garantire che sia adatto allo scopo nell’era dell’editoria moderna». D’altra parte, nota ancora Lambertini, «tutti i ricercatori ad inizio carriera sono anche influenzati dalla necessità di ottenere un riconoscimento nel loro campo specifico. In molte riviste i revisori non sono ciechi rispetto ai nomi degli autori e c’è quindi il rischio concreto di pregiudizi nei confronti di ricercatori sconosciuti. Questo aspetto può essere in qualche modo mitigato dalla presenza di un accademico riconosciuto come autore finale di un manoscritto, ma non è una possibilità disponibile per tutti i giovani ricercatori, in particolare per quelli provenienti da Paesi a basso o medio reddito».
Nel lavoro presentato a Parigi sono state riportate 426 risposte complete al sondaggio (rapporto M:F 0,98; età media: 38,5 anni). I partecipanti erano medici (62,9%), medici/dottori di ricerca (17,1%) e ricercatori (14,8%), sia clinici che ricercatori traslazionali in oncologia; >70% aveva già pubblicato articoli di oncologia. Due terzi appartenevano a Paesi a basso reddito (LMIC) (n=286) e due terzi ad alto reddito (HIC) (n=140). I principali fattori di selezione delle riviste per la pubblicazione sono stati: prestigio dell’editore, impact factor, indicizzazione Pubmed (93%). La metà del campione ha riferito di aver subito pressioni per la pubblicazione da parte di supervisori, istituzioni e agenzie di finanziamento. Il 68% ha riferito di ricevere e-mail dai PJ “ogni giorno” o “ogni settimana” e il 31% tramite social network: Il 93% ha dichiarato di non rispondere alle e-mail dei PJ. Il 13,4% (n=57) ha dato il proprio assenso alle pubblicazioni sui PJ, convinto dalla rapidità della decisione editoriale, dall’assenza di revisioni tra pari, dalle tariffe accessibili, dalla pressione per finalizzare i programmi di formazione, dagli avanzamenti di carriera. Meno di un terzo conosceva gli strumenti di individuazione dei PJ (Check Think Submit; Beall’s list) e la metà ne aveva sentito parlare solo grazie alla nostra indagine. Il modello multivariabile ha mostrato una correlazione significativa tra la presenza di pubblicazioni nei PJ e l’impegno via e-mail (OR=3,56; 1,73-7,33) e l’esercizio della professione in Paesi a bassa densità di popolazione (OR=2,11; 1,05-4,21). L’esperienza precedente nell’editoria accademica non sembra aver fatto scudo al fenomeno (p=0,008).
Gli autori suggeriscono infine proposte per migliorare la situazione: workshop educativi, sensibilizzazione nelle reti sociali, rafforzamento dei finanziamenti per la ricerca nei LMIC, sorveglianza da parte dei supervisori e azioni istituzionali contro i PJ.
Fonti: ESMO 2022, abs 1326P
Lambertini M. The effect of ‘publish or perish’ on young academic oncologists. ESMO Daily Reporter: September 5, 2022.