
La dodicesima edizione dell’ASCO Genitourinary (GU) Cancers Symposium ha riunito dal 7 al 9 gennaio 2016 a San Francisco più di 3.300 urologi, chirurghi, radio-oncologi, oncologi medici, patologi e altri membri della comunità medica. Il tema di quest’anno era “Patient-Centric Care: Translating Research to Results”, con focus quindi sull’implementazione nella pratica clinica quotidiana delle nuove strategie terapeutiche suggerite dalla ricerca di base e dalla ricerca traslazionale. Le affollate session e i ben 650 abstract hanno riguardato le novità su trattamenti farmacologici dei tumori GU, immunoterapia, biomarker, analisi genomica e molto altro. Vediamo quali sono stati i dai più interessanti tra quelli presentati al Congresso.
Carcinoma prostatico
Due vasti studi randomizzati di fase III — il Radiation Therapy Oncology Group trial RTOG 0415 (Abstract 1) e il CHHiP (CRUK/06/016), Abstract 2 — hanno dimostrato che la radioterapia ipofrazionata garantisce risultati terapeutici non inferiori alla radioterapia convenzionale a fronte di una maggiore tollerabilità per i pazienti. I dati del follow-up a dieci anni del trial RTOG 9601 hanno confermato che aggiungere 24 mesi di terapia antiandrogena (AAT) alla radioterapia di salvataggio nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale prolunga la sopravvivenza e riduce l’incidenza di metastasi e la mortalità (Abstract 3). L’aggiornamento dei dati del trial STAMPEDE suggerisce che l’aggiunta della combinazione celecoxib+acido zoledronico alla terapia ADT con o senza RT aumenta la sopravvivenza nei pazienti con tumore metastatico (Abstract 162).
Carcinoma del pene, dell’uretra e del testicolo
Uno studio retrospettivo ha rivelato che i pazienti con tumori metastatici delle cellule germinali del testicolo (GCT) con disease free survival (DFS) superiore a 2 anni hanno eccellenti probabilità di rimanere sani anche negli anni successivi (Abstract 472): dati che supportano la diminuzione dell’imaging post-trattamento e rendono ormai necessario un aggiornamento della classificazione del rischio a cura del 1997 International Germ Cell Cancer Collaborative Group. Inoltre è stato dimostrato da un altro team di ricercatori che l’utilizzo del metodo Memorial Sloan Kettering Integrated Mutation Profiling of Actionable Cancer Targets (MSK-IMPACT) per l’esame delle mutazioni genetiche tumore-correlate conosciute ha permesso di individuare 51 mutazioni potenzialmente carcinogeniche in quasi metà dei pazienti con diagnosi di GCT avanzato platino-resistente (Abstract 473): tra queste mutazioni anche i “soliti sospetti” RTK, TP53, Ras, PI3K/mTOR e WNT pathway.
Carcinoma dell’urotelio
I nuovi dati del trial IMvigor 210 dicono che nei pazienti con UC localmente avanzato o metastatico precedentemente trattati con platino, il trattamento con l’anti-PD-L1 atezolizumab ha portato a una overall response rate (ORR) del 26% e una OS media di 11,4 mesi nei soggetti con i livelli più elevati di espressione di PD-L1 (Abstract 355). Il primo trial riguardante un trattamento a base di ipilimumab+gemcitabina/cisplatino (GC) nei pazienti con UC metastatico (Abstract 357) ha fornito indicazioni non chiarissime in quanto a efficacia ma ha mostrato di causare un netto aumento di cellule CD4+ e CD8+ T in circolo, il che aumenta l’aspettativa per i trial che combinano chemioterapie citotossiche e anti- PD-1 o PD-L1.
Carcinoma del rene
Un aggiornamento del trial CheckMate 025 su pazienti con RCC in progressione dopo terapia antiangiogenica mostra che i risultati positivi ottenuti con nivolumab si sono riscontrati in numerosi sottogruppi di pazienti (Abstract 498). L’update del trial
METEOR su pazienti con RCC avanzato in progressione dopo terapia antiangiogenica invece mostra che cabozantinib garantisce risultati migliori di everolimus in PFS in numerosi sottogruppi (Abstract 499). Sono stati presentati dati retrospettivi (Abstract 496) che mostrano che i pazienti con RCC metastatico che hanno sviluppato un trombo neoplastico al di sopra del diaframma vanno avviati a un trattamento sistemico piuttosto che a rischiose nefrectomie citoriduttive. Viceversa, in caso di nefrectomia citoriduttiva la sopravvivenza nei pazienti con un trombo nella vena cava sotto le vene epatiche è la stessa dei pazienti senza trombo. Un’analisi dei quasi 1100 pazienti con mRCC registrati nell’International mRCC Database Consortium ha rivelato poi che il 19% che ha interrotto la terapia antiangiogenica in prima linea a causa delle tossicità ha ottenuto risultati molto migliori dai trattamenti di seconda linea rispetto al 77% che l’ha dovuta interrompere a causa della progressione del tumore (Abstract 503).