
“ASCO Twitter: 800 masked selfies, 200 unmasked selfies, 500 self-congratulations, 400 excessive praise, 300 practice changing studies, 75 game changers, and 15 pieces of critical commentary that are accurate and useful”. Il commento di Vinay Prasad su Twitter è caustico e i colleghi oncologi non sembra abbiano gradito. “Penso che questa osservazione (che è per lo più vera, dal mio punto di vista) potrebbe essere capovolta in modo positivo per dire che un commento utile, accurato e critico è raro e prezioso, probabilmente perché è difficile da fare, soprattutto in tempo reale. Ma anche far festa conta, no?”, ha risposto Clara Hwang dello Henry Ford Cancer Institute di Detroit, alla quale ha fatto eco Benjamin Weinberg della Georgetown University: “Alcuni di noi sono semplicemente felici di tornare tra amici a condividere la propria ricerca”. Fino a Yatin Chu, fondatrice della Asian Wave Alliance che ha detto che il commento di Vinay le è servito solo per alleviare il dolore di non essere potuta partire per Chicago.
Molti clinici sono al congresso dell’American Society of Clinical Oncology, da diversi paesi del mondo. Tanti, però, anche a casa, magari a seguirne i lavori attraverso Twitter. Anche dall’Italia. Eh sì, perché il flusso di messaggi, note e commenti è intenso: i medici scrivono, forse ancora di più se sono al congresso. “Perché i medici scrivono? Perché le storie hanno bisogno di essere raccontate e lo chiedono” ha spiegato Gilberto Lopez in questi giorni. “Apollo era dio della medicina E della poesia. Pallade Atena era la dea della guerra, ma anche della saggezza, della guarigione E delle arti della scrittura. Keats, Maugham, Cechov e Wendell Holmes erano tutti medici e scrittori. Scriviamo perché impariamo e insegniamo meglio attraverso la narrazione. Ci aiuta a trovare un significato e a onorare i nostri pazienti e i nostri docenti. Soprattutto, scriviamo perché è un atto di guarigione”. L’oncologo del Silvester Comprehensive Cancer Centre offre una chiave di lettura – è il caso di dire – a tutti i partecipanti ad ASCO22: a chi è a Chicago e a chi è in reparto.
Lo scorso anno gli italiani presenti al McCormick Place erano oltre 600 (i dati di quest’anno non sono ancora disponibili). Più di altre volte, oggi vale la pena interrogarsi sulla scelta di “andare” ma anche di “restare”: “Che senso posso dare al restare oggi, in un mondo di non luoghi, di ‘non ancora luoghi’, di ‘non più luoghi’?” Lo chiede Vito Teti, un antropologo autore di libri piccoli e intriganti (1). In un mondo – pensiamo a quello della medicina, della ricerca scientifica – in perenne movimento, anche chi resta è in viaggio. “Non si resta del tutto e non si parte mai del tutto”. Leggere le dense pagine de La restanza mentre si è raggiunti da così tanti messaggi di chi è in “un altrove così presente” è un’esperienza singolare. Chi resta – è ancora una suggestione di Teti – talvolta ha capacità di sguardo più acuto: può cogliere quanto il movimento annunciato da lontano sia in grado effettivamente di cambiare il corso delle cose nei luoghi che abitiamo. Trasferendo l’osservazione da antropologo nel più familiare contesto dei “nostri” luoghi della cura, chissà che non sia più facile per chi segue i lavori in corso nel non-luogo di Chicago riflettere su quanto siano trasferibili i risultati di quel trial nel reparto che ben conosciamo, ragionare sulla robustezza etica e metodologica di quello studio che confronta il nuovo farmaco col placebo, fermarsi a pensare alla credibilità di un meeting che si apre all’insegna della global oncology e dell’equità ma non esita a chiedere per partecipare ai lavori più di 400 dollari ai medici delle nazioni povere.
Rimasti e partiti, però, hanno un compito comune e un obiettivo condiviso: la ricerca e la cura sono uno sport di squadra e – questo lo sa benissimo anche Prasad, al di là del suo caratteraccio – e talvolta è fondamentale ritrovarsi, bere una Two Brothers Red Ale e immaginare uno studio insieme. Anche se la sincerità di un abbraccio di Bishal può impiegare un istante a volare sull’Oceano e ad arrivare, ricordando i suoi giorni a Roma: “My dear brother, if you notice, the tie that I’m wearing during my session is the token of your love from that visit”.
1. Teti V. La restanza. Torino: Einaudi, 2022.