
Le novità non eclatanti di questo ASCO aiutano a sedimentare riflessioni già avviatesi negli scorsi appuntamenti. Le immunoterapie, così efficaci ma in coorti ancora piuttosto ristrette di pazienti con particolari mutazioni genetiche; il costo delle nuove terapie, difficilmente sopportabile da organismi statali ed a rischio rigetto anche da parte delle assicurazioni private, mentre prosegue qui negli USA lo smantellamento dell’Obama Care; la richiesta sempre più pressante da parte dei malati per un maggior coinvolgimento nelle scelte terapeutiche che li riguardano e l’affacciarsi dei Paesi negletti dell’Africa e dell’Asia con il loro carico di richieste e legittime recriminazioni, tutto ciò s’impone all’attenzione dei trentamila oncologi, ancor prima delle “novità” terapeutiche.
Non si tratta più soltanto di rilevare la tossicità finanziaria dei più recenti trattamenti, per cui una percentuale crescente di malati e delle loro famiglie finisce in bancarotta per pagare le cure. Neppure più di denunciare la disparità delle terapie tra Paesi affluenti e Paesi poveri. Quel che si sta facendo largo è una più marcata consapevolezza della necessità di ricerche indipendenti, meno condizionate dall’industria del farmaco.
Axel Grothey (Majo Clinic, Rochester) ha presentato domenica il più vasto studio prospettico mai condotto nella storia del tumore colorettale, l’IDEA, su 12.834 pazienti, nel quale è ben rappresentata anche l’Italia. E come? Grazie a ricercatori di caratura internazionale, come Alberto Sobrero, e grazie all’AIFA che si è affiancata al Ministero della salute francese, a quello giapponese, al NIHR ed al National Cancer Institute americano. Un trial che ha dimostrato che in alcuni casi “less is more”. Che per i malati di tumore colorettale al III stadio dopo chirurgia tre mesi di chemioterapia non sono – di fatto – meno efficaci di sei mesi della medesima cura, e con grandissimo vantaggio in termini di tossicità. Dimostrando quindi che a volte è possibile trovare il giusto equilibrio tra minor tossicità ed efficacia della terapia, per un paziente davvero al centro del processo terapeutico.
Proprio quel paziente oncologico che – secondo i risultati presentati da Ethan Basch (University of North Carolina) – si avvantaggia anche in termini di sopravvivenza globale se coinvolto, sia pure virtualmente, offrendogli uno strumento web. Un trial clinico randomizzato su 766 pazienti dimostra che un semplice intervento via web, grazie ad un tool che consente ai pazienti di riportare i loro sintomi in tempo reale, comunicando eventuali emergenze all’équipe clinica – può comportare benefici notevoli, anche in termini di OS. Malati metastatici che lo hanno utilizzato regolarmente riportando i loro sintomi mentre si sottoponevano a chemioterapia sono vissuti in media 5 mesi di più rispetto a chi non ha fatto uso dello strumento.
Un congresso serio e riflessivo, senza squilli di tromba. E forse, proprio per questo, ancor più interessante.
Luciano De Fiore
Abstracts LBA1, LBA2, ASCO Annual Meeting 2017.