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ASCO 2016: tutte le novità sul pancreas metastatico

By 16 Giugno 2016Aprile 7th, 2021No Comments
Congressi

Il trattamento del carcinoma del pancreas in fase metastatica si è basato per oltre 15 anni sull’impiego della monochemioterapia con gemcitabina con un impatto sulla sopravvivenza estremamente modesto. Solo recentemente vi è stata la dimostrazione che il regime FOLFIRINOX e la combinazione di gemcitabina e nab-paclitaxel migliorano significativamente la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione ed il tasso di risposte obiettive rispetto alla gemcitabina da sola e questi dati hanno permesso di cambiare lo scenario terapeutico del trattamento di prima linea.

Quest’anno all’ASCO sono stati presentati i risultati dello studio MAESTRO, un trial randomizzato di fase III che ha confrontato in questo setting di pazienti la gemcitabina da sola vs la combinazione della gemcitabina con l’evofosfamide (Van Cutsem et al: MAESTRO: A randomized, double-blind phase III study of evofosfamide (Evo) in combination with gemcitabine (Gem) in previously untreated patients (pts) with metastatic or locally advanced unresectable pancreatic ductal adenocarcinoma (PDAC). L’evofosfamide è attivata in condizioni di ipossia, quali quelle comunemente presenti nel microambiente del tumore pancreatico: la molecola in un precedente studio randomizzato di fase II aveva mostrato, in associazione alla gemcitabina, di migliorare significativamente la PFS rispetto alla monochemioterapia.

Lo studio MAESTRO, che aveva come obiettivo primario la OS, ha arruolato 693 pazienti con tumore metastatico o localmente avanzato non operabile. L’obiettivo primario dello studio non è stato raggiunto dal momento che non si è registrata alcuna significativa differenza tra i due trattamenti: 8,7 mesi con Evo/Gem vs 7,6 mesi con Gem da sola (HR = 0,84 ;95% CI: 0,71–1,01, p = 0,059). Si è osservato invece un miglioramento significativo della PFS: 5,5 mesi con Evo/Gem vs 3,7 mesi con Gem da sola ( HR = 0,77; 95% CI: 0,65–0,92, p = 0,004). L’incidenza di tossicità di tipo ematologico (neutropenia, piastrinopenia ed anemia) è stata più frequente nel braccio sperimentale. Alla luce di questi risultati, si conferma il ruolo di FOLFIRINOX e della combinazione nab-paclitaxel/gemcitabina come terapie di riferimento per il paziente fit con malattia metastatica.

Ciò che invece sembra essere in evoluzione è l’approccio al paziente con progressione dopo la prima linea, dal momento che la percentuale di pazienti che riceve un trattamento di seconda linea sembra essere in aumento. Lo studio italiano di real life presentato quest’anno all’ASCO (Giordano G et al: Impact of second-line treatment (2L T) in advanced pancreatic cancer (APDAC) patients (pts) receiving first line Nab-Paclitaxel (nab-P) + Gemcitabine (G): an Italian multicentre real life experience), ha analizzato la prognosi di oltre 220 pazienti trattati con nab-paclitaxel e gemcitabina che, al momento della progressione, hanno ricevuto una seconda linea di chemioterapia o esclusivamente una terapia di supporto. Più della metà di tutti i pazienti (55%) ha ricevuto una seconda linea: indipendentemente dal tipo di chemioterapia (FOLFOX,XELOX,FOLFIRI), la prosecuzione del trattamento antiblastico ha determinato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza mediana che si è attestata sui 13,5 mesi rispetto ai 6,5 mesi dei pazienti che hanno ricevuto esclusivamente una terapia di supporto.

Si delinea dunque anche per il carcinoma metastatico del pancreas la possibilità di realizzare un continuum of care: resta tuttavia da definire quale debba essere il trattamento di riferimento di seconda linea giacché ad oggi la questione è stata affrontata da pochi studi controllati di qualità modesta e con risultati contraddittori. Solo recentemente sono stati presentati i risultati dello studio randomizzato di fase III NAPOLI-1, il più ampio studio ad oggi condotto a livello internazionale in questo setting. Il trial che confrontava la combinazione dell’irinotecano liposomiale in associazione al 5-fluorouracile (schema NALIRI) rispetto al 5-Fluorouracile da solo in pazienti precedentemente trattati con gemcitabina ha dimostrato una significativa superiorità in termini di sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione e risposte obiettive rispetto al 5-Fluorouracile da solo.

Al recente ASCO oltre all’update dello studio (Wang-Gillam et al: Updated overall survival (OS) analysis of NAPOLI-1: Phase 3 study of nanoliposomal irinotecan (nal-IRI, MM-398), with or without 5-fluorouracil and leucovorin (5-FU/LV), vs 5-FU/LV in metastatic pancreatic cancer (mPAC) previously treated with gemcitabine (gem)-based therapy) che ha confermato il vantaggio significativo in termini di sopravvivenza globale con un 26% di pazienti sopravviventi a 12 mesi con la combinazione, sono stati presentati anche i dati sulla qualità di vita (Uwe Pelzer et al.: Quality-adjusted time without symptoms or toxicity (Q-TWiST) of nanoliposomal irinotecan (nal-IRI; MM-398) plus 5-fluorouracil and leucovorin (5-FU/LV) vs 5-FU/LV alone in metastatic pancreatic adenocarcinoma (mPAC) patients (pts) previously treated with gemcitabine-based therapy). La combinazione di Nal-IRI e 5-Fluorouracile, oltre a produrre un chiaro beneficio di sopravvivenza, appare anche in grado di impattare sulla qualità di vita dei pazienti che ricevono l’associazione. Infatti l’analisi della qualità di vita condotta con la metodologia Q-TWiST vale a dire analizzando il tempo trascorso senza sintomi di malattia o di tossicità legata al trattamento, ha evidenziato che i pazienti del braccio sperimentale con NALIRI e 5-Fluorouracile hanno presentato un vantaggio significativo in termini di tempo senza sintomi o tossicità rispetto ai pazienti che invece erano stati trattati con il solo 5-Fluorouracile. Il vantaggio è pari ad 1,3 mesi ed è stato osservato non solo sull’intera popolazione entrata nello studio, ma anche nella “per-protocol population”, cioè nei pazienti che hanno ricevuto almeno l’80% del trattamento come definito dal protocollo nelle prime sei settimane di terapia. La magnitudo del beneficio è solo apparentemente piccola: in realtà essa è sostanziale essendo stata osservata relativamente ad un periodo di soli 12 mesi.

Questi risultati pertanto confermano la superiorità della combinazione anche in termini di beneficio clinico rispetto alla monochemioterapia e candidano l’associzione di Nal-IRI e 5-Fluorouracile a divenire un regime terapeutico di riferimento per tutti i pazienti che hanno ricevuto una chemioterapia gemcitabina-based.

Ferdinando De Vita
Oncologia Medica
Scuola di Medicina e Chirurgia
Seconda Università degli Studi di Napoli