
È noto che alterazioni del MMR causano una predisposizione genetica allo sviluppo di alcuni tumori. Uno studio clinico di fase II ha identificato il primo marker genomico – per mutazioni nei geni MMR – in grado di predire la risposta all’anticorpo anti-PD-1 pembrolizumab. Ed è la prima volta che uno studio utilizza la genetica per guidare un intervento immunoterapico.
Questo marker ha predetto risposte in un largo ventaglio di tumori. Tra pazienti affetti da carcinoma del colon-retto, il 61% di quelli con tumori con alterazioni MMR ha riscontrato una riduzione del tumore, mentre nessuna risposta si è osservata tra quelli che non presentavano tale anormalità. Il tasso di risposta tra pazienti con altri cancri portatori di mutazioni nei geni MMR si è rivelato simile (60%).
L’alterazione dei geni MMR è stata riscontrata nel 15-20% dei carcinomi del colon-retto non ereditari e in quasi tutti i colorettali con sindrome di Lynch, i quali costituiscono fino al 5% di tutti i tumori del colon-retto. L’alterazione MMR è stata inoltre riscontrata in altri tipi di cancro in una percentuale fino al 4-5%, tra cui quelli dello stomaco, dell’intestino tenue, dell’endometrio, della prostata, delle vie biliari e dell’ovaio.
Il test per l’alterazione MMR è largamente disponibile e può consentire ai medici di identificare una più larga percentuale di pazienti che potrebbero beneficiare del pembrolizumab e di altri farmaci anti-PD-1.
Dung T. Le (Johns Hopkins Kimmel Cancer Center, Baltimora), prima autrice, ha fatto notare come questo studio sia da considerarsi davvero un ponte tra immunoterapia e genomica, a beneficio di malati sofferenti per un buon numero di tumori diversi: «Spalancare le porte a questa nuova, efficace terapia costituirebbe davvero un passo avanti per questo gruppo di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (CCRm) e per altri tumori difficili da trattare».
L’alterazione MMR induce un’accumulazione di mutazioni genetiche nel tumore: «Quando un tumore presenta migliaia di mutazioni, ciò aumenta la probabilità che il sistema imunologico possa riconoscere e distruggere il tumore. Così, abbiamo intuito che inibitori del checkpoint immunitario come il pembrolizumab avrebbero potuto funzionare particolarmente bene contro i tumori con alterazione MMR», ha aggiunto Le.
Nello studio, i tumori MMR presentavano una media di 1782 mutazioni, contro le 73 mutazioni di media nei tumori con sistema di riparazione dei mismatch attivo. Un più alto numero di mutazioni è risultato collegato ad una migliore risposta al pembrolizumab, somministrato IV a 10 mg/kg ogni 2 settimane.
Lo studio ha incluso tre gruppi di pazienti: 25 affetti da CCRm con sistema di riparazione dei mismatch attivo, 13 con alterazione MMR e 10 con altri tumori con alterazione MMR. Tutti erano in progressione metastatica di malattia ed erano peggiorati nonostante le precedenti terapie.
Se si è osservata un’ampia differenza nei tassi di risposta tra i tumori del colon-retto con alterazione MMR e quelli con sistema attivo (62 vs. 0%), ancor maggiore è stata la differenza nei tassi di controllo della malattia (riduzione del tumore o impedimento della crescita): 92% nel gruppo con alterazione MMR contro il 16% dell’altro gruppo. Cambiamenti dei marcatori nel sangue come i livelli di CEA indicanti la risposta sono stati apprezzati nelle prime settimane dall’inizio del trattamento, mentre i malati hanno iniziato subito a sentirsi meglio.
Nell’altro gruppo di pazienti, quelli con tumori con alterazioni MMR non affetti da CCRm, il tasso di risposta complessivo è stato del 60%. Sono state osservate risposte in pazienti con cancro avanzato dell’endometrio e diversi altri tipi di tumori gastrointestinali, tra cui carcinoma dell’ampolla, del duodeno, colangiocarcinoma e tumori gastrici. Esistono poche opzioni terapeutiche per questi pazienti. In ultima analisi, le risposte erano in corso per tutti tranne uno, e molte risposte sono durate più di un anno.
Secondo Le, il prossimo traguardo è riprodurre i risultati di questo studio prospettico in una popolazione più estesa di pazienti, così da consolidare l’osservazione che l’alterazione MMR è un predittore della risposta a terapie con bersaglio PD-1. La ricercatrice ha anche notato che la durata della risposta con poca tossicità potrebbe portare a testare questo approccio nel trattamento iniziale di questi malati.
Lo studio è stato finanziato da Swim Across America, The Commonwealth Fund, The Ludwig Center at Johns Hopkins e dal National Institutes of Health.
Fonte: PD-1 blockade in tumors with mismatch repair deficiency (LBA 100).