
Fumano le ciminiere dell’Indiana, e il cielo di Chicago si schiarisce. I ventottomila oncologi continuano però ad affollare le gigantesche sale del congresso. Stamani, la sessione degli Highlights of the day alternava i due temi al centro dell’attenzione di tutti: le immunoterapie e la questione dei costi dell’assistenza.
Così, dopo interventi clinici sulle novità in tema di tumore del pancreas e della prostata, la stessa audience ha potuto seguire, con la medesima partecipazione, la sintetica discussione di Blase N. Polite (University of Chicago) dedicata ad alcuni lavori presentati al congresso centrati sulla ricerca di nuovi modelli per il sistema sanitario americano e per la qualità dell’assistenza.
Già nei giorni scorsi altri interventi erano stati seguiti con non minore interesse. Peter B. Bach (Memorial Sloan Kettering Cancer Center) si era chiesto: “Perché considerare i prezzi immutabili? Davvero siamo disposti a pagare somme infinite per progressi microscopici (sic)?”. Accendendo così una discussione sul fatto che il costo non riflette necessariamente il valore di un farmaco, sugli sforzi per considerarlo fattore integrante nel decidere la terapia e sui metodi per fissare i prezzi dei nuovi farmaci, fondati per l’appunto sul loro valore.
Con qualche rimostranza, s’immagina, da parte delle aziende, è ormai circolata più e più volte, prima che Bach la riproponesse – anche sul quotidiano del Congresso, al punto di farla divenire vox populi – una slide relativa allo studio CALGB/SWOG 80405 in pazienti con carcinoma metastatico del colon-retto, slide che pone a confronto la differenza di costo tra il trattamento con bevacizumab e cetuximab.
Deborah Schrag (Dana-Farber Cancer Institute, abs. 6504) ha commentato la sostanziale diversità tra le due terapie: non si notava alcuna differenza davvero significativa in termini di sopravvivenza o di anni vita aggiustati per qualità della vita tra i due bracci dello studio. Nessun discostamento né in termini di efficacia, né di tolleranza. Piuttosto, saltava all’occhio la differenza economica tra i due trattamenti: 66.075 $ per il braccio a beva, contro 105.339 $ di quello a cetuximab. Una differenza di 39.264 dollari. La Schrag si pone una domanda radicale: posto che nella pratica clinica ognuno fa le proprie valutazioni, come consentire una simile discrepanza? Perché “non chiudere il cerchio, e dire di no più in generale” in situazioni del genere? Si è tentati di rispondere con Saltz: “Drugs that cost a quartermillion dollars per patient per year are reasonable, practical or sustainable”.
Fonte: ASCO 2015 Highlights of the day.