
La terza edizione della International Consensus Conference for Advanced Breast Cancer (ABC) si è tenuta dal 5 al 7 novembre a Lisbona. L’ABC si tiene ogni due anni, è stata creata dall’European School of Oncology (ESO) e sviluppata in collaborazione con l’European Society for Medical Oncology (ESMO). Quasi 1200 partecipanti provenienti da 84 Paesi hanno affollato questa ABC3. Quali sono stati gli highlight di ABC3? Vediamone alcuni.
Grande spazio è stato dato al punto di vista dei pazienti: per esempio a Dian Corneliussen-James, cofondatrice e Presidentessa di METAvivor, un’organizzazione statunitense che raccoglie fondi per la ricerca sul tumore avanzato della mammella e che è al nono anno di malattia. La signora ha sottolineato con rammarico che spesso le organizzazioni sanitarie ‒ sebbene involontariamente e in perfetta buona fede ‒ diffondono messaggi che danneggiano i pazienti. “Per esempio da più parti si sostiene con forza che se si segue uno stile di vita sano e attivo le probabilità di ricevere una diagnosi di tumore della mammella prima e di sviluppare metastasi poi scendono vertiginosamente. Ebbene, questo potrebbe indurre a pensare che una metastasi in fondo è colpa del paziente, il che ottiene solo il risultato di aumentare l’isolamento e lo stigma subito dalle persone con tumore avanzato della mammella. Serve un coaching sull’informazione sia nei confronti delle organizzazioni sanitarie sia nei confronti del pubblico, per definire meglio i messaggi da diffondere e come diffonderli”.
Ma gli oncologi si muovono in un territorio inesplorato. Spiega Karen Gelmon della BC Cancer Agency e dell’ University of British Columbia: “Abbiamo pazienti che vivono sempre più a lungo per fortuna, ma questo ci lancia nuove sfide: forse dovremmo imparare dai colleghi che si occupano di AIDS o fibrosi cistica, altre patologie in cui negli ultimi anni la sopravvivenza è aumentata moltissimo. Non conosciamo gli effetti a lungo termine delle terapie che somministriamo ai nostri pazienti, non esistono praticamente trial che se ne occupino. Non sappiamo come aiutare i nostri pazienti a passare dall’approccio ‘sto per morire’ all’approccio ‘vivrò con questa malattia per molti anni’, come aiutarli a gestire i problemi finanziari, professionali e familiari che derivano dal loro istintivo smettere di fare progetti a lungo termine, come aiutarli davvero a migliorare la loro qualità di vita”.
Da Eric Winer, direttore della Breast oncology al Dana-Farber Cancer Institute di Boston è giunto un appello all’uniformità di valutazione delle evidenze: “Raccomandiamo fortemente l’utilizzo di metodi obiettivi per valutare la reale importanza del beneficio apportato dai nuovi trattamenti. Questo ci permetterebbe di stabilire le corrette priorità di intervento e di spesa, soprattutto in Paesi con risorse economiche limitate”.