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Primum non nocere… poi sostituire?

By 1 Marzo 2011Novembre 27th, 2013No Comments
A colloquio con...

Il commento di Francesco Di Costanzo, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica – Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze.

Il termine “biosimilare” è stato coniato per definire tutti i farmaci “copia” di un farmaco biotecnologico (in gran parte monoclonali) che sono usciti dalla protezione brevettuale. Questi farmaci copia, che in Europa sono definiti biosimilari, in Usa sono chiamati con il termine “Follow -on Biologics” (FOBs).

La produzione di un generico e di un biosimilare presenta delle grandi differenze. La piccola molecola ha una struttura semplice e chimicamente facilmente riproducibile; il prodotto biotecnologico non può essere assimilato al generico, poiché la produzione avviene in modo molto complesso (colture cellulari, complessità del processo produttivo, tecnica di purificazione, etc). È molto appropriata la definizione per i farmaci biotecnologici “the process is the product“.

Quindi, i biosimilari non possono essere assimilati ai generici, ma anche rispetto al biotecnologico di riferimento, possono essere diversi in termini di attività e sicurezza e come tali vanno regolamentati.

L’EGA (European Generic Medicine Association) stima un risparmio del 20%, derivante dall’introduzione in clinica dei biosimilari; su sei prodotti in Europa il risparmio potrebbe essere di circa 1,6 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, quest’analisi non tiene conto del costo economico e sociale di potenziali reazioni indesiderate, che potrebbero emergere nel corso della farmacovigilanza differita alla fase di post-marketing. È chiara invece, la legittima aspettativa del Ssn di un importante contenimento della spesa. Alcuni principali punti dovranno essere definiti e chiariti, per permettere una seria utilizzazione dei biosimilari nella salvaguardia dei pazienti:

Con l’arrivo in commercio dei biosimilari, il dibattito si sposta sulla gestione più appropriata di questi farmaci nella pratica clinica di ogni paese comunitario.

Il biosimilare è un farmaco nuovo, simile, ma non identico al farmaco originale, in quanto non è possibile ottenere una “copia” identica nell’ambito dei farmaci biotecnologici. Un aspetto importante da sottolineare è quello legato alla sicurezza dei biosimilari e in particolare, della comparsa di immunogenicità.

Una risposta autoimmune può essere influenzata da diversi fattori ( purificazione, manipolazione, temperatura di conservazione,ecc), pertanto ogni biosimilare dovrebbe avere una adeguata valutazione pre-clinica di questi aspetti: purtroppo, questo non è previsto, ma demandato al post-marketing. Attualmente la posizione dell’EMEA è la seguente:

  • i biosimilari non sono uguali ai farmaci biotecnologici originatori;
  • vengono tuttavia, approvati per l’immissione in commercio, sulla base di uno studio di non inferiorità sulla prima delle indicazioni approvate;
  • il programma clinico registrativo è limitato e deve essere integrato con l’impegno del produttore a condurre una farmacovigilanza postmarketing efficace.

I farmaci biosimilari presentano ancora molti aspetti oscuri e controversi, per i quali è doverosa una certa attenzione da parte di tutti gli attori del sistema sanitario.

In Italia, non è stata ancora emessa una regolamentazione e non sono state definite le modalità e le condizioni di sostituzione dei biotecnologici con i biosimilari in corso di terapia (definizione della tipologia di pazienti ammessi alla sostituzione, tracciabilità del trattamento per il singolo paziente).

Il medico dal punto di vista etico e legale è il solo responsabile delle scelte terapeutiche nell’interesse e a tutela del paziente, che deve essere al centro delle decisioni mediche. Le sue scelte devono basarsi, in scienza e coscienza, sulle migliori evidenze medico scientifiche disponibili.

Il farmacista ospedaliero ha un ruolo riconosciuto di garante della valutazione e della sicurezza del farmaco, e dovrà insieme ai clinici garantire il miglior percorso per l’immissione nella pratica clinica dei biosimilari. Il paziente dovrebbe poter ricevere una comunicazione informata, nonostante la complessità di questa materia.

Quanto poi al problema di un mercato parallelo di farmaci, questo già esiste e si rivolge ad aree al di fuori del controllo sanitario: per le eritropoietine, l’area doping e per altri farmaci, il mercato nero per i paesi in via di sviluppo.

In conclusione, la classe medica e le autorità sanitarie si stanno trovando di fronte ad uno scenario nuovo e molto delicato. I biosimilari rappresentano un’importante opportunità di contenimento della spesa e di sviluppo industriale. Le cautele dei medici verso questi farmaci sono giustificate nella prima fase di avvio dell’esperienza clinica, se le normative e l’attuazione nell’introduzione dei biosimilari sarà ottimale, si potranno ottenere solo positivi effetti, in alternativa errori dovuti “alla fretta del risparmio”potrebbero comportare di bruciare questi farmaci, senza possibilità di recupero. Infine, non dobbiamo dimenticare, né nascondere che dietro a biosimilari si cela uno scontro economico tra chi detiene la leadership industriale ed altri paesi industrializzati (USA vs Europa), che vedono nella scadenza del brevetto una possibile area di sviluppo economico interno.

Il commento di Luciana Pazzagli, Centro di Farmacovigilanza, Azienda Sanitaria di Firenze Farmacia di Continuità – Polo Ospedaliero Careggi. Responsabile Area informazione scientifica, SIFO

I farmaci equivalenti e biosimilari rappresentano uno strumento di gestione del servizio sanitario, poiché si configurano come alternative terapeutiche a costi contenuti, rispetto alle specialità medicinali originator.

La scadenza brevettuale e l’immissione in commercio di un numero sempre maggiore di prodotti equivalenti e biosimilari, richiede un’attenta valutazione tecnica da parte dei professionisti sanitari dall’acquisto, alla dispensazione e somministrazione.

Differenze di formulazione tra la specialità medicinale originator e il biosimilare possono infatti, influire su rilascio, azione/interazioni, creando problemi di insolubilità o incompatibilità con altri farmaci, nonché intolleranze/allergie per alcuni pazienti. Rimangono inoltre aperti diversi problemi, quali: livello di equivalenza e interscambiabilità farmaco branded-farmaco equivalente, per i farmaci con stretto margine terapeutico, ovvero, adeguatezza degli intervalli di accettazione della bioequivalenza (90% I.C. intervallo 0,80-1,25) in tali farmaci; equivalenze terapeutiche in relazione alle differenti popolazioni, ovvero, un generico è chimicamente simile e produce un effetto terapeutico “mediamente equivalente” nella popolazione complessiva degli utilizzatori, ma non si conosce quale variazione è prodotta dalle differenze dei/tra pazienti (es. età, patologie, co-trattamenti); requisiti di qualità delle materie prime e Good Manufacturing Practice; assenza di una classificazione nazionale, che chiarisca le differenze tra ciascuna specialità e il generico/biosimilare di riferimento e tra i vari equivalenti dello stesso principio attivo.

Concludendo, appare razionale la disponibilità per il clinico della specialità e del biosimilare e la non sostituibilità in terapie già avviate, per garantire efficacia ed evitare rischi per i pazienti. Come dire: il biotech non è sostituibile, come giurisprudenza insegna.