Il commento di Giovanni Ucci, oncologo, direttore del Dipartimento oncologico Azienda ospedaliera di Lodi
I dati raccolti dall’AIOM dovrebbero essere uno stimolo per ragionare insieme – direttori generali e primari – su come risparmiare risorse preziose a vantaggio di un sistema che, ancora oggi, è in grado di offrire gratuitamente a tutti i cittadini una delle migliori Sanità del mondo. Dunque, le domande a cui dobbiamo rispondere sono: come risparmiare? Come rendere più efficiente e sostenibile a livello aziendale l’attività di un reparto?
Delle risorse possono essere recuperate con un uso appropriato dei farmaci, visto che la spesa farmaceutica incide sproporzionalmente sui costi di un reparto di Oncologia. Il compito del primario deve essere quello di trasferire a livello della singola unità operativa e del singolo caso le linee-guida sviluppate dalle nostre società scientifiche per un uso appropriato delle risorse farmacologiche; e quello del direttore generale di estendere questo lavoro ad altre specialistiche della sua struttura che, come le oncologie, utilizzano farmaci o presidi innovativi e ad alto costo.
Oltre ai farmaci incidono sul bilancio anche i servizi di degenza che secondo i dati dell’AIOM sembrano gravati dalla maggiore inefficienza. Questo non vuol dire che si debba rinunciare a questa modalità di cura, tutt’altro. Ma è necessario individuare degli strumenti per ridurre i costi, come ad esempio una sinergia con altre specialità o un’organizzazione delle degenze per livelli di intensità di cura.
Infine, per recuperare delle risorse e migliorare l’efficienza del sistema di cura del paziente oncologico potrà essere utile selezionare le attività che realmente competono a specialisti oncologi ospedalieri, individuando soluzioni alternative per quelle delegabili ad altri senza danno per il paziente. Un esempio per tutti è il follow-up di pazienti guariti: molti reparti di Oncologia sono appesantiti da decine di pazienti che per anni, in assenza di alcun segno di malattia continuano ad affollare gli ambulatori ospedalieri per visite di controllo che solitamente non portano ad alcun risultato. Individuare un percorso che permetta a questi pazienti di riaffidarsi con fiducia al proprio medico di famiglia sarà un vantaggio sia per il paziente, sia per il reparto, che potrà dirottare risorse professionali sulla cura delle situazioni acute. Aprirsi al territorio quindi, evitando che il reparto diventi una “diga” con inevitabili e inutili “allagamenti” a monte. In questo senso è doveroso sottolineare l’importanza della collaborazione con i servizi di cure palliative per il passaggio in tempi appropriati ad una modalità assistenziale domiciliare e a basso contenuto tecnologico ma ad elevato impatto umano e relazionale. Così facendo innanzitutto si migliorerà la qualità di vita della persona malata e della sua famiglia, ma si contribuirà anche a contenere il consumo di risorse che negli ultimi tre mesi di vita del paziente oncologico aumenta in maniera tanto vertiginosa quanto, purtroppo, inutile.
Per concludere, dobbiamo essere consapevoli che appropriatezza ed efficienza sono gli obiettivi utili al cittadino e qualificanti per la struttura sanitaria. Non basta un bilancio a perdere per far chiudere un reparto di oncologia.
Il commento di Massimo Brunetti, economista sanitario, dirigente dell’Azienda USL di Modena
Valutare un servizio o una unità operativa considerando solo parametri economici è assolutamente errato. Va fatta una valutazione multidimensionale, dove accanto a parametri sul consumo delle risorse, vi sono anche indicatori sulla efficacia e sulla appropriatezza del percorso assistenziale.
In ogni caso alla base di ogni processo di valutazione si deve definire qual è l’obiettivo e quale punto di vista adottare. Infatti, diverso è il punto di vista del direttore generale di una Azienda ospedaliera, rispetto a quello di una Azienda USL. Nel primo caso è vero che spesso viene fatto il confronto fra i ricavi, determinati dalle tariffe, con i costi sostenuti dalle singole realtà operative.
È tuttavia vero che la vera valutazione dal punto di vista del Servizio Sanitario Nazionale è quella che vede la sintesi di tutto il percorso assistenziale del paziente, e non solo del momento ospedaliero. La ricerca dell’efficienza va fatta considerando complessivamente tutte le unità operative che operano su un certo territorio e solo a quel punto potremo vedere il sistema risponde in modo più o meno efficiente ai bisogni. Esiste poi tutto il problema della mobilità dei pazienti. Un paziente che arriva da un’altra regione compie in quella singola struttura un pezzo dell’intero percorso assistenziale e questo non permette una sua valutazione complessiva.
Questo tipo di valutazioni dei costi sono interessanti per confrontare le diverse strutture fra loro, su come sono organizzate, sui percorsi che vengono offerti ai pazienti. Ad esempio l’organizzazione per intensità assistenziale, già realizzata in alcune strutture ospedaliere nazionali, sarà il futuro dell’organizzazione ospedaliera. Questo permetterà di avere una migliore organizzazione interna dei percorsi, una migliore soddisfazione dei professionisti che lavorano all’interno dei reparti e della struttura e una migliore qualità assistenziale per i pazienti.
Quindi un parametro importante è la valutazione della rete assistenziale territoriale: non possiamo limitarci a valutare la singola unità operativa oncologica, ma deve essere pesato anche quanto avviene al di fuori dalla struttura ospedaliera, quanto viene realizzato dai medici di medicina generale, dagli specialisti ambulatoriali eccetera. Deve essere infatti delineato un quadro di insieme unitario, soprattutto oggi che la malattia oncologica che sta diventando una malattia cronica, con pazienti che guariscono o sono privi della malattia per lungo tempo e che quindi devono essere affidati a professionisti al di fuori dell’ospedale. E in questo senso che deve esistere la rete.