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Facebook e Twitter: utili all’Oncologo?

By 28 Marzo 2011Novembre 27th, 2013No Comments
A colloquio con...

Intervista a Eugenio Santoro, Laboratorio di Informatica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano

Gli oncologi possono sfruttare Facebook e Twitter come strumenti per il proprio lavoro?
Possono e anzi devono sfruttarli, considerato che oggi gran parte della informazione scientifica viaggia anche attraverso i social media. Basti pensare che le principali riviste di medicina, da Lancet al NEJM, hanno incominciato ad utilizzare Facebook e Twitter per distribuire i propri contenuti; lo stesso si può dire delle società scientifiche e delle istituzioni come i CDCs di Atlanta. Ma questo “investimento in comunicazione” riguarda non solo le riviste di medicina generale: penso per esempio alla American Society of Clinical Oncology che, tra le opzioni per costruire il proprio rapporto personalizzato con i lettori (“My ASCO”) prevede un canale di informazione su Twitter (vedi figura) ed uno su un altro network professionale come Linkedin.

È un’attenzione che non riguarda solo l’estero; in Italia le Istituzioni nazionali stanno incominciando ad utilizzare questi canali di comunicazione. Facebook e Twitter saranno quindi sempre più utilizzati dalla classe medica perché molta informazione, soprattutto quella rivolta al loro aggiornamento professionale,  già oggi viaggia attraverso questi canali.

Perché si sceglie di fare viaggiare l’informazione sui social media?
Chi produce informazione (documenti testuali, immagini, filmati, diapositive, file audio, ecc.) ha interesse a farla viaggiare sui social media perché attraverso questi canali possono raggiungere potenzialmente un gran numero di utenti (Facebook conta 500 milioni, dei quali 21 in Italia); infatti possono contare sulle potenzialità aggregative di questi strumenti perché il profilo di un utente su Facebook come su Twitter può essere condiviso da tutti gli amici in comune. Nulla di diverso dal tradizionale “passa parola” che però qui è reso automatico grazie alla rete di amicizie attivate da ciascun utente di Facebook e Twitter.
A ciò si può aggiungere il fatto che i social media sono anche dei social network e come tali permettono di stimolare dibattiti e discussioni attorno a specifici argomenti.
La American Society of Clinical Oncology, prima citata, ha una pagina su Facebook, anche se ha ancora un numero limitato di “fans”…

In medicina si fa sempre un bilancio tra i rischi e benefici. Qual è il bilancio per questi social media?
Iniziamo con i benefici. Tra questi metterei la possibilità da parte di un medico di ricevere tempestivamente le informazioni relative al proprio aggiornamento professionale semplicemente “seguendo” i canali aperti su Facebook e su Twitter dalle fonti alle quali egli abitualmente si rivolge. A ciò aggiungerei la possibilità di condividere l’informazione con i colleghi che si interessano della stessa tematica o addirittura di partecipare alle discussione che possono essere generate direttamente sui canali Facebook o Twitter attivati dalle varie fonti di informazione. Non è affatto raro, a questo proposito, assistere sui canali di social media delle riviste mediche alla discussione sulle implicazioni nella pratica clinica dell’ultimo studio clinico pubblicato, o partecipare sui canali di una società scientifica al dibattito attorno alle relazioni presentate durante il congresso annuale.

I rischi?
Gli aspetti negativi sono legati al fatto che se non si utilizzano fonti accreditate si rischia di raccogliere informazioni non attendibili. Un altro aspetto negativo riguarda la gestione della privacy. Se l’utente non segue correttamente tutte le regole per la tutela della privacy, contenuti che transitano sulla sua bacheca di Facebook possono essere visti anche da persone alle quali non vorrebbe renderle disponibili.

I social network quali strumenti per relazionarsi con i propri colleghi. E per quanto riguarda la relazione con i pazienti?
Questa è un’area ancora da esplorare. Recentemente è stato pubblicato uno studio condotto in Francia sui profili di Facebook. Dallo studio emerge che i medici hanno scarsa voglia di diventare amici dei pazienti. L’idea di condividere informazioni attraverso Facebook con i pazienti è ancora oggi prematuro per problemi legati alla sicurezza dello strumento e forse anche alla scarso interesse dei medici di utilizzare questi strumenti per fini professionali con il paziente. Questo non vuol dire che il rapporto medico-paziente non possa esistere all’interno dei social network. Facebook è di certo limitante per diverse ragioni, ma esistono social network nati appositamente per consentire le relazione medico e paziente. Negli Usa abbiamo delle esperienze di questo tipo. Da noi è ancora prematuro.
A chi consiglia di leggere  Facebook, Twitter e la medicina?
A quei medici che visitando i siti web che generalmente navigano per tenersi aggiornati si fermano intimoriti e titubanti davanti alle icone di Facebook e Twitter (spesso presenti in bella evidenza sulla home page e in coda ai contenuti pubblicati nelle varie pagine interne). A quelli che pensano che Facebook e Twitter siano inutili strumenti per ragazzini annoiati in cerca di nuove amicizie. Infine, a tutti quei medici che desiderano sfruttare al meglio le potenzialità comunicative e aggregative offerte da questi strumenti. Direi che è una buona lettura per superare i timori e sfatare i pregiudizi.